Sabato 23 Novembre 2024
GIOVANNI SERAFINI
Cronaca

L’ultima stecca del politicamente corretto A Parigi anche l’Aida è considerata razzista

Polemiche all’Opéra Bastille per la rappresentazione: l’eroina di Verdi non è più una schiava etiope ma una marionetta nera che denuncia la schiavitù

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di Giovanni Serafini

L’ultima bizzarria del "politicamente corretto" è andata in scena l’altro giorno all’Opéra Bastille di Parigi: una Aida antirazzista, la cui protagonista non è una schiava etiope – per carità – ma una marionetta nera che denuncia la negazione dell’identità africana, il colonialismo, il saccheggio delle opere d’arte, lo sfruttamento delle popolazioni e altre malefatte del razzismo. L’idea è di una giovane regista olandese, Lotte de Beer, che ha già calcato i palcoscenici di mezza Europa e dovrebbe andare a dirigere fra un anno il Volksoper di Vienna. Per il suo debutto all’Opéra National de Paris, senza pubblico ma con tante telecamere, Lotte ha applicato la regola aurea della "contestualizzazione del passato": che significa in sostanza leggere quel che è accaduto ieri con gli occhi di oggi, usando un metro di giudizio che risulta a dir poco anacronistico. Per la de Beer "L’Aida è un concentrato di razzismo e sessismo, una storia coloniale realizzata in tempi in cui l’arte in Egitto veniva saccheggiata per essere esposta nei musei dei paesi europei".

Ecco dunque che il povero Giuseppe Verdi, che creò l’Aida nel 1871 su commissione del Chedivé egiziano Isma’il Pascià per l’apertura del canale di Suez, è diventato suo malgrado complice di razziatori, predatori, usurpatori… Una dissacrazione che lascia stupefatti, ma al tempo stesso un’astuta utilizzazione dei registri tematici contemporanei: il tema dell’Europa colpevole nei confronti dei paesi africani sfruttati e sottomessi si lega al dibattito in atto sulla diversità, le discriminazioni e il separatismo. Argomenti scottanti anche nel mondo dell’arte e della musica, in particolare all’Opéra di Parigi dove 400 persone hanno recentemente firmato un documento per chiedere una politica anti-discriminatoria nei confronti dei neri.

Constance Riviere, militante politica e scrittrice, ha protestato ad esempio per il fatto che i personaggi di colore siano invariabilmente descritti nelle opere liriche e nel teatro come "stupidi, pigri, bugiardi e fifoni, vedi il caso di Arlecchino". Per fortuna l’Aida in salsa Lotte de Beer ha goduto di un’interpretazione musicale magistrale. Eccezionale, affermano i critici che hanno assistito in streaming alla rappresentazione, la direzione del maestro Michele Mariotti. Bravissima, ma frustratissima, la soprano Sondra Radvanovsky, costretta a rimanere seminascosta alle spalle della marionetta Aida, manovrata da tre persone una delle quali sempre accovacciata a terra per farle muovere i piedi. Resta il fatto che il politicamente corretto, patologia di un malcelato conformismo, ha già prodotto troppe vittime. Ricordiamo il caso di quel distributore americano che radiò dal suo catalogo il film Via col vento a causa dei "pregiudizi razzisti che lo percorrono". O la penosa decisione di modificare in Italia come in Francia il titolo del film Ten Little Niggers di Agatha Christie: i "dieci piccoli negri" sono diventanti "dieci piccoli indiani"…

L’elenco delle stupidaggini è lunghissimo: si va dalla censura ad Uncle Bens, i cui pacchi di riso riproducevano il volto di un uomo di colore, alle polemiche sull’album di Tintin in Congo, pubblicato nel 1930 e a tutt’oggi guardato con sospetto. Tra un po’ sarà proibito parlare di assassini, prosseneti e stupratori nei romanzi e nei film. Casanova finirà al bando col marchese de Sade, Rimbaud, Verlaine e mille altri autori maledetti. Chi avrà più il coraggio di andare a vedere un film realizzato da Polanski? O di leggere le opere di autori scandalosi e politicamente scorrettissimi come D’Annunzio e Malaparte? In compenso useremo il cosiddetto "linguaggio inclusivo" – in Francia se ne sta discutendo aspramente – che obbliga ad aggiungere il femminile a tutti i nomi usati sin qui solo al maschile. E nessuno si permetta di trovarci qualcosa di ridicolo.