di Antonio
Del Prete
Un conto sono le parole, quand’anche messe nero su bianco dall’Europarlamento, altro sono i fatti. Ha un significato solo politico, dunque, la risoluzione approvata ieri per chiedere alla Commissione di fornire all’Ucraina "aiuti militari per tutto il tempo necessario" invitandola persino a considerare l’invio di aerei da combattimento. Così, almeno, la pensano Gastone Breccia, docente di storia militare all’Università di Pavia, e Alessandro Politi, analista e direttore della Nato Defense College Foundation. "L’escalation non conviene né alla Russia né all’Occidente", sostengono.
LE RICHIESTE DI ZELENSKY
E l’Ucraina? Il leader maximo, Volodymyr Zelensky, reduce dall’accoglienza trionfale di Bruxelles, non perde occasione per chiedere agli alleati l’invio degli F16 al fine di fronteggiare l’offensiva di primavera. Ben Wallace, ministro della Difesa britannico, è convinto che con i jet dovrebbero atterrare a Kiev anche 200 soldati della Royal Air Force per l’addestramento. Il professor Breccia salta sulla sedia: "Sta soffiando sul fuoco, i russi lo prenderebbero come un atto di guerra".
LA RISOLUZIONE
DEL PARLAMENTO UE
Meno impegnativa sotto il profilo diplomatico la risoluzione varata ieri dal Parlamento europeo. "Che non può decidere niente – tiene a chiarire Politi –, e approvando provvedimenti di questo tipo rischia la sua credibilità". "Piuttosto – prosegue nel ragionamento – la scelta spetta ai governi, che per il momento non hanno trovato il consenso per inviare i caccia".
FRONTE DIVISO
La verità è che il fronte occidentale è diviso. Da una parte i falchi come Gran Bretagna e Polonia, che per voce del primo ministro Sunak e del presidente Duda proprio ieri hanno chiesto di "accelerare in termini di forniture militari e addestramento". Dall’altra, c’è chi frena. La Germania di Olaf Scholz, certo, ma anche gli Stati Uniti di Joe Biden, che dell’Alleanza atlantica sono la guida.
IL PRESSING DI BIDEN
Non a caso nei giorni scorsi il Washington Post ha svelato il "pressing" portato dal presidente americano su Zelensky affinché imprima una svolta al conflitto che apra la strada al negoziato. Con le armi che ha già. Peraltro, anche l’opinione pubblica a stelle e strisce comincia a storcere il naso all’idea di spedire nuovi pacchi di munizioni a Kiev. Ieri il generale Mark Milley, capo degli Stati maggiori riuniti, lo ha detto chiaramente: né la Russia né l’Ucraina raggiungeranno i loro obiettivi militari, dovranno sedersi a trattare. "Biden ci pensa sempre due volte prima di soddisfare le richieste ucraine – spiega il direttore della Nato Defense College Foundation –, perché prima considera l’interesse nazionale degli Stati Uniti e poi la strategia di deterrenza e difesa della Nato".
LA LINEA ROSSA
Fin dove si possono spingere i Paesi occidentali senza trovarsi coinvolti nel conflitto? Qui i pareri divergono. "Non c’è un limite – risponde Breccia –, perché, sebbene i russi alzino la voce, l’unica arma di cui dispongono è l’atomica, e usarla non avrebbe senso". Più cauto Politi: "L’escalation è un gioco dinamico, e Lavrov non va sottovalutato quando dice che l’Occidente in Ucraina sta raggiungendo il punto di non ritorno". "Tuttavia – prosegue -, i russi sanno benissimo che ragionare così è estremamente pericoloso, non conviene a nessuno entrare in una dinamica che può sfuggire al controllo".
L’IMPEGNO DELL’ITALIA
In questo scenario l’Italia ha un ruolo marginale. "Abbiamo concesso agli ucraini poche armi, e la situazione non cambierà nel futuro anche perché rischieremmo di restare sguarniti", chiarisce il professor Breccia. Ad ogni modo, il nostro Paese fa parte di un’alleanza internazionale che fin da subito ha sostenuto il popolo aggredito. "Non lo abbiamo fatto solo per un impulso ideale – spiega l’analista Politi –, ma perché se qualcuno si mette in testa di ridisegnare i confini a colpi di cannone l’Europa diventa un campo minato: oggi è la Crimea, domani può essere Kaliningrad".
LO SCENARIO
La speranza è che Putin capisca quanto prima l’antifona. "Le guerre non si combattono per vincere sul campo di battaglia, ma per raggiungere obiettivi politici", sentenzia il direttore della Nato Defense College Foundation. Il quale ha un’idea di cosa possa succedere da qui in avanti: "Secondo gli schieramenti attuali, i russi hanno scelto di concentrarsi sul Donbass, mentre gli ucraini faranno un’ultima controffensiva sperando di migliorare le proprie posizioni; è possibile che l’esaurimento delle risorse dei contendenti li induca a sedersi intorno a un tavolo".