
La polizia davanti all’ingresso del forno dove, sabato sera, è stato ucciso l’ucraino Ivan Disar, 49 anni, e dove è rimasto ferito in modo grave un altro ucraino
e Marianna Vazzana
Le immagini nitide della fuga ripresa da una telecamera del cortile condominiale. Il racconto della testimone oculare dell’omicidio. E un’assenza che durava ormai da più di 48 ore. Tutti gli elementi portano a un’unica possibile soluzione del delitto di piazzale Gambara a Milano: quella che identifica nel ventunenne Raffaele Mascia, figlio del proprietario dell’esercizio commerciale a due passi dal Pio Albergo Trivulzio, la persona che ha esploso i sei colpi di pistola calibro 38 che hanno ucciso il quarantanovenne ucraino Ivan Disar e ferito gravemente il connazionale ventiseienne Pavlo Kioresko, operato e ora fuori pericolo. Poco dopo le 20 di ieri, Mascia è stato rintracciato dalla polizia in zona Porta Genova, a due giorni esatti dalla sparizione, e portato in questura per essere interrogato dal pm Carlo Enea Parodi e dagli specialisti della Squadra mobile guidati dal dirigente Alfonso Iadevaia e dal funzionario Domenico Balsamo: non è escluso che nel corso della notte abbia confessato, spiegando anche un movente al momento soltanto ipotizzato. Con sé non aveva l’arma che si era portato via, non detenuta legalmente: i poliziotti gli chiederanno informazioni precise per recuperarla lì dove l’ha abbandonata.
La sequenza del raid omicida e di ciò che lo ha preceduto (e verosimilmente innescato) ci riporta al pomeriggio di sabato scorso. Poco dopo le 17, Disar e Kioresko entrano nella storica panetteria monovetrina della prima periferia ovest, tra la filiale di una banca e un’enoteca: i due sono di casa nel negozio, conoscono bene il titolare settantunenne. Iniziano a mangiare e a bere alcolici, diventando sempre più molesti col passare dei minuti. A un certo punto, pare che sia il padre a chiamare Raffaele per dirgli di raggiungerlo nel panificio, forse perché i clienti lo stanno infastidendo. Il ventunenne arriva e Disar lo accoglie bene: "Ti ricordo da piccolo". Pian piano, però, il botta e risposta si fa sempre più teso, per motivi ancora poco chiari. Alla scena si aggiunge pure una quarantottenne moldava, amica degli ucraini. Qualche minuto dopo, scatta l’agguato: il titolare è sul retro a scaldare un pezzo di pizza quando sente gli spari in rapida successione. Il bersaglio principale è Disar, centrato quattro volte; Kioresko, probabilmente, viene preso di mira per bloccare un tentativo di reazione. La donna corre in strada terrorizzata, chiede aiuto ai passanti e scappa. Negli stessi secondi, il killer fugge dall’uscita secondaria e sbuca dal portone dello stabile di fianco, approfittando del caos per allontanarsi senza incrociare gli sguardi di coloro che non hanno ancora realizzato cos’è successo.
Il locale e il retrobottega, non di rado usato dal ventunenne come appoggio temporaneo per la notte, vengono passati al setaccio dalle tute bianche della Scientifica: oltre ai bossoli e a un’ogiva calibro 38, gli agenti avrebbero trovato anche il telefono del ragazzo, una katana e uno storditore elettrico tipo taser. "Questa storia mi sembra una follia – commenta la moglie del panettiere che non è la madre del ventunenne –. Io sono stata in panetteria tra le 17.15 e le 17.40, gli ucraini erano già presenti. Poco dopo è arrivata anche la donna moldava. Il clima era gioviale, per niente teso". E il ragazzo? "Non era presente quando io ero nel locale, è arrivato dopo e mio marito mi ha riferito che è andato via dall’ingresso principale. La verità si potrà accertare facilmente, visionando i filmati delle telecamere sia del cortile e sia esterne. Ma aspettiamo le indagini prima di arrivare a conclusioni. Io non ci voglio credere".