di Alessandra Codeluppi
Sotto lo stesso tetto, coi suoi familiari. Non più quello della casa di Novellara, ma del tribunale. Di nuovo vicini, ma mai tanto lontani: a dividerli, ora, sono visioni e strategie difensive, nel processo in corso a a Reggio Emilia che li vede tutti imputati per l’omicidio della 18enne pakistana Saman Abbas. Lui, Shabbar, il 45ebbe padre della giovane uccisa, per la prima volta ieri è comparso non più videocollegato, ma di persona, dopo l’estradizione, nel tribunale di Reggio, dov’è ripreso il processo sulla tragica fine della ragazza che si opponeva alle nozze forzate con un cugino in Pakistan. L’uomo indossava non abiti tradizionali del suo Paese, ma occidentali: polo azzurra, pantaloni scuri, i soliti grandi baffi. È apparso in buone condizioni, ma chi lo ha incontrato in carcere a Modena in questi giorni ha detto di averlo visto scosso e anche in lacrime.
A capo chino, con un’espressione seria, gli occhi che mai hanno incrociato quelli degli altri tre parenti imputati in aula, ieri Abbas è stato in silenzio, ma dovrebbe essere sentito il 26 settembre. Ai suoi avvocati difensori Enrico Della Capanna e Simone Servillo si è detto innocente: "Non ho mai pensato neppure lontanamente di uccidere mia figlia". E ancora: "Sono un padre a cui hanno ucciso la figlia. Chiedo giustizia". Abbas respinge il movente: "Non è vero che mi opponevo alle nozze di mia figlia con Ayub Saqib", il fidanzato di Saman in Italia, ora costituito parte civile.
"Mai ho minacciato i suoi parenti in Pakistan: volevo sapere se Saqib l’avrebbe sposata veramente. Ma loro mi dissero che lui era già fidanzato con un’altra". Parole che il legale di Saqib, respinge con forza: "Come disse già nel luglio 2021 il mio assistito, si tratta di una versione che Saqib concordò con Saman per evitare che i suoi parenti venissero uccisi". I legali di Abbas sollevano dubbi sulla fuga in aereo dei genitori di Saman ("Il viaggio era programmato, Shabbar chiese un preventivo qualche giorno prima di comprare i biglietti") e anche sullo zaino della figlia che Abbas avrebbe avuto in mano, inquadrato dalle telecamere, a mezzanotte del primo maggio 2021, poco prima che Saman sparisse ("Non siamo certi che si trattasse di uno zaino").
Abbas ha respinto la ricostruzione fatta dal figlio su quella notte. Ha detto che al momento dell’arresto in Pakistan, "lui era nei campi, mentre sua moglie Nazia Shaheen, tuttora latitante, in casa". Racconto che – se fosse veritiero – solleverebbe interrogativi sulla mancata cattura della donna. Altro colpo di scena: il procuratore capo Calogero Gaetano Paci, insieme al pm Laura Galli, ha annunciato di aver depositato materiale su nuova attività di indagine. "Il 31 agosto un detenuto ha chiesto di fare dichiarazioni su confidenze apprese da Danish Hasnain", lo zio imputato di Saman che fece ritrovare il cadavere. Lui e un altro carcerato sono stati ascoltati. A quanto trapela Hasnain avrebbe detto al detenuto: "L’ho uccisa io". Una confidenza pesante, sulla quale l’avvocato difensore Liborio Cataliotti si mostra dubbioso: "Lui è stato intercettato per mesi in carcere, e mai sono uscite frasi auto o eteroaccusatorie. Strano che accada ora". Gli ultimi momenti della vita di Saman sono ancora avvolti dal mistero.