Roma, 23 dicembre 2024 – Il mondo è sprecone. Mentre l’umanità si alimenta lascia distrattamente per strada tonnellate di cibo che vanno perdute e che, osservando solo rigidamente la legge dei numeri, potrebbero contribuire a sfamare milioni di persone in difficoltà. Ovvio che non c’è automatismo diretto tra spreco e lotta alla fame, ma una dinamica più virtuosa può aiutare. È bene però avere consapevolezza di ciò che succede dentro e fuori dalla tavola.
Ogni giorno nel mondo vengono sprecati mediamente un miliardo di pasti, equivalenti a un quinto del cibo prodotto. Lo rivela un rapporto di Food waste index report 2024 che fornisce una fotografia abbastanza precisa della stima sullo spreco alimentare a livello di vendita al dettaglio e di consumo.
Si possono abbattere queste cifre? Certo se ogni Paese, come spiega Food waste, si impegna a stabilire un rapporto sempre più stretto tra privati, esercenti, titolari di servizi, consumatori e una rete di istituzioni pubbliche e organismi di volontariato per recuperare il cibo non utilizzato. Ma l’educazione alimentare deve cominciare anche dalle famiglie dove troppo spesso non ci si cura di utilizzare gli alimenti con consapevolezza. I Paesi più evoluti, fra l’altro, si sono dati l’obiettivo di sviluppo sostenibile di dimezzare lo spreco di cibo entro il 2030. Obiettivo ambizioso, ma possibile.
Nel 2022, secondo l’analisi di Food waste sono andate sprecate 1,05 miliardi di tonnellate di cibo (e nel 2023 siamo più o meno sugli stessi livelli) a fronte di un terzo dell’umanità che invece deve fare i conti con l’incertezza alimentare. Circa il 19% del cibo a disposizione dei consumatori è andato perso in mille rivoli tra commercio al dettaglio, servizi di ristorazione e settore domestico. La maggior parte delle perdite avviene a livello domestico. Totale 631 milioni di tonnellate, una cifra da far paura che equivale a circa il 60% del totale. Seguono in questa poco edificante classifica la ristorazione e il commercio al dettaglio con 290 e 131 milioni di tonnellate finite nel bidone della spazzatura. Il rapporto spiega anche che nelle aree rurali c’è più attenzione rispetto alle aree urbane.
Nei Paesi a reddito medio, per esempio, le popolazioni rurali sono più attente perchè generalmente gli avanzi vengono utilizzati per sfamare gli animali o per il compostaggio domestico. C’è poi anche l’aspetto delle temperature. I Paesi più caldi registrano più sprechi pro capite soprattutto nelle famiglie per l’alto consumo di cibi freschi con la relativa non sempre efficace soluzione di conservazione. Questo scenario ci insegna che per migliorare bisogna cominciare dall’educazione alimentare, non solo per le giovani generazioni ma anche per gli adulti. Si può fare. Giappone e Gran Bretagna sono riusciti a ridurre lo spreco alimentare rispettivamente del 18 e del 31 per cento.