Emiliano Agonigi, il marito di Flavia Mello, fu il primo a dare l’allarme quando alle 6 del mattino vide che la moglie non era rientrata a casa, e non era nel letto accanto a lui. Si allarmò in modo particolare quando trovò i due cellulari spenti. Emiliano quando ha lanciato all’appello in Tv, durante le ricerche della moglie, aveva detto: "Non è un allontanamento volontario". Sapeva che non era da Flavia sparire e lasciare tutto e tutti. Ieri, ai microfoni de "La Vita in diretta", ora che Flavia è stata ritrovata morta, occultata in una cisterna, e che il suo assassino ha confessato, ha detto: "Mi è crollato il mondo addosso, lei era il mio punto di riferimento, la mia ragione di vita".
Insieme avevano ancora progetti: stavano per comprare casa, erano andati in banca a chiedere il mutuo pochi giorni prima la sparizione di Flavia. Si erano conosciuti a Torre le Lago nei primi anni Duemila, in passeggiata. E nella terra di Puccini avevano abitato prima di andare in Brasile per una decina d’anni. Poi erano tornati a Pontedera. "Togliere una vita... Non riesco a capirlo, si dovrebbe vergognare, non lo considero neanche un essere umano – si sfoga Emiliano –. Lei era mia moglie, era una figlia, una sorella, una zia anche per le nipoti in Brasile, è sempre stata presente, ha sempre aiutato gli amici in difficoltà. E mi mancherà tantissimo. Sarà l’amore della mia vita, fin quando rimarrò in vita".
L’assassino di Flavia ha detto che si è difeso. Su questo Emiliano ha ribattuto: "Si deve vergognare per tutta la vita, non è una giustificazione, non l’accetto questa giustificazione". Emiliano – che per seguire indagini e ricerche si è fatto assistere dall’avvocato Gabriele Dell’Unto – per questi tredici giorni ha sempre avuto paura che a Flavia fosse successo qualcosa di grave. Nell’immediatezza pensò ad un incidente e andò a cercarla al pronto soccorso di Pontedera, poi a quello di Pisa. Ma della donna nessuna traccia. Poi fece la denuncia di scomparsa. Partirono le ricerche e, in cuor suo, ha sempre sperato che sarebbe tornata a casa, pur ammettendo che, man mano che passavano i giorni, i pensieri si facevano sempre più brutti. La nipote Irene, che ha chiesto aiuto all’associazione Penelope (la ha assiste l’avvocato Daica Rometta), aveva fatto un appello a "Chi l’ha visto?".
C. B.