Alen Halilovic, 21 anni, famiglia di origine bosniaca ma nato in Italia 21 anni fa, lavora come autista di un’impresa di consegne di merce a negozi e aziende. Abita a Verona. Di fronte a ogni notizia su femminicidi compiuti da mariti, ex compagni, fidanzati, si è sempre chiesto: cosa avrei potuto fare se fossi stato lì? E lunedì mattina il destino lo ha messo alla prova, quando alle porte di Guastalla, all’imbocco del ponte sul Po tra la Bassa Reggiana e la Lombardia, ha notato un uomo, un 41enne residente nel Modenese che, armato di coltello, stava aggredendo la sua ex fidanzata, una 45enne mantovana, già ferita a collo e mani. Il 21enne è intervenuto e ha bloccato l’aggressore, impedendogli di caricare la donna sull’auto.
Halilovic, rifarebbe ancora ciò che ha fatto?
"Certo. Una, dieci, anche cento volte. Quando mi è capitato di leggere di femminicidi, spesso ho pensato che se fossi stato presente avrei potuto fare qualcosa per evitare la tragedia. Anche per Giulia Cecchettin, leggendo la notizia, riflettevo: se fossi passato in quel momento avrei potuto salvarla? Lunedì ho cercato di fare del mio meglio".
Sta ricevendo tanta solidarietà…
"Non credevo di aver fatto chissà cosa. Ho aiutato una persona in difficoltà. Ma da alcuni giorni ho il telefono e la messaggeria intasati. Questo mi rende orgoglioso, ma non mi sento affatto un eroe".
C’è qualche testimonianza che le ha fatto particolarmente piacere?
"Mi sono appena arrivati i complimenti del sindaco di Verona, Damiano Tommasi. Mi ha scritto: ’La ringrazio per il gesto dal senso di altruismo e responsabilità che ha compiuto e che mi rende orgoglioso di rappresentare la città che esprime questi valori’. Vuole consegnarmi un riconoscimento. Lo stesso invito mi è giunto dai sindaci di Castelfranco Emilia, dove risiede l’aggressore, e di quello di Guastalla, il luogo dove si è verificato il fatto. Ma il ringraziamento più gradito è arrivato dai familiari della donna che ho soccorso. La madre e il fratello, in particolare, mi hanno reso orgoglioso del mio gesto".
Come mai ha deciso da subito di filmare quella violenza?
"Quando viaggio ho sempre il telefonino sul cruscotto. Mentre mi avvicinavo ho istintivamente pigiato il play della registrazione video. Poi l’ho spento un attimo quando sono sceso e ho riavviato la registrazione subito dopo. Ho pensato che fosse un modo per poter documentare quello che stava succedendo, qualunque fosse stato l’esito di quell’episodio".
Ma non tutti si sono fermati, come ha fatto lei…
"Nonostante ci fosse l’incrocio stradale bloccato, a decine, incolonnati dietro di noi, hanno preferito cercare di raggiungere la strada sull’argine, anche contromano, senza però intervenire. Non è questo il modo di agire".
Non teme che l’indagato possa vendicarsi?
"È stata la preoccupazione di mia madre. Ma non ho paura.
Ho praticato arti marziali e sono in grado di difendermi. Ma credo che quell’uomo ora abbia ben altro a cui pensare che a venire a vendicarsi per il mio gesto di aiuto a una persona in difficoltà…".