Trieste, 25 febbraio 2022 - Liliana Resinovich, resta un giallo la morte della 63enne di Trieste. Scomparsa da casa il 14 dicembre, ritrovata cadavere il 5 gennaio in un boschetto desolato di un parco nel quartiere San Giovanni, il suo. Un percorso che si fa agilmente a piedi, un chilometro e mezzo di strade che erano il suo mondo. Con un punto fermo: la testimonianza di Iva, la fruttivendola che quella mattina vide passare la donna, tra le 8.30 e le 9, "era sicuramente lei, l'ho riconosciuta dalla ciocca di capelli chiari, davanti. Non dimenticherò mai lo sguardo, preoccupato". Cupo come il cielo, quel giorno.
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Mentre si attende l'esito degli esami tossicologici - indagine per sequestro di persona, per la procura restano ancora valide tutte le piste, dall'omicidio al suicidio -, si allunga la lista dei professionisti chiamati a risolvere un rebus intricatissimo. Sergio Resinovich, fratello di Liliana, si è rivolto all'associazione Penelope, nata per affiancare le famiglie delle persone scomparse. Nella squadra anche Gabriella Marano, criminologa e antropologa forense. Che sta lavorando all'autopsia psicologica di Liliana Resinovich. Quella tradizionale, infatti, per ora non ha sciolto i dubbi. Morte per "scompenso cardiaco acuto" e nessun segno visibile di violenza.
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Dottoressa Marano, che cos'è un'autopsia psicologica? “Uno strumento clinico e investigativo che mira a ricostruire il profilo della vittima”. In che modo? “Di fatto è una ricerca di dati che ricaviamo dalla storia della persona oggetto di analisi, dalle sue relazioni, amicali e professionali, da messaggi, email, diari. Così andiamo a stabilire una valida ipotesi probabilistica in relazione a quell’evento traumatico. Omicidio, suicidio, allontanamento, incidente...”. Quando lo avete utilizzato? “Effettivamente ci siamo resi conto che è uno strumento potentissimo. Lo abbiamo già usato in diversi casi di scomparsa, anche se non nasce per quello. Poi per Roberta Ragusa, e ci ha portato all’esito stabilito dalla Cassazione. Ancora: per Marco Ferrazzano, il ragazzo morto suicida dopo atti di bullismo. Infine per Sara Pedri (la ginecologa forlivese inghiottita dal nulla a marzo dell'anno scorso, ndr). Ora stiamo lavorando su Liliana Resinovich”.
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Che idea si è fatta della morte di Lilly? “Attendiamo l’esito della medicina legale, sicuramente ci potrà dare informazioni più precise. Abbiamo già sentito una decina di persone. Siamo ancora agli inizi. Stiamo ricostruendo il profilo della vittima e dei suoi rapporti. È una vicenda davvero molto intricata. Conviene non sbilanciarsi perché il lavoro resti asettico”.
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Lei è una psicologa. Il boschetto dov’è stato trovato il corpo di Liliana Resinovich è un luogo abbandonato, bottiglie di plastica e resti di bivacchi. Molto stonato rispetto alla cura di sé che dimostra la vittima, ad esempio nelle foto. “Ecco perché non possiamo sbilanciarci. C'è da capire che significato in passato possa aver avuto quel parco. Se lo frequentava, con chi... Insomma, sono tante le cose da chiedersi. Per questo bisogna approfondire le vite e capire quale messaggio ci sia anche in relazione al posto. Ma prima di tutto, ancora non sappiamo se sia un omicidio o un suicidio”.
Lilly sarebbe uscita senza cellulari e senza fede, il marito ha raccontato di aver trovato l'anello in una scatolina dove teneva le cose preziose. “È ancora tutto da ricostruire”. Qual è secondo lei l’elemento chiave? “La vita della vittima e le sue relazioni”. Un rebus emotivamente complesso. E un tormento per la famiglia non sapere come sia morta. “Sicuramente. Il nostro lavoro è per amore di verità e giustizia”. Può rimanere un caso irrisolto? “Io non credo. Gli elementi sui quali lavorare ci sono”.