Trieste, 24 settembre 2024 - Oggi nuovo vertice dei consulenti che lavorano sul caso di Liliana Resinovich.
La morte della 63enne di Trieste, scomparsa da casa il 14 dicembre 2021 e trovata cadavere il 5 gennaio 2022 - è ancora un rebus.
Il giallo di Trieste in breve
Le parole del generale Luciano Garofano
Luciano Garofano, consulente del marito di Lilly, Sebastiano Visintin, dopo l’incontro tra consulenti mette in fila: “Oggi abbiamo stabilito che la temperatura del luogo dove è stata ritrovato il cadavere è più bassa di quanto non fosse stabilito in precedenza. Ed è costante. Che cosa significa questo dato? Non è possibile dare una risposta oggi alla domanda. Sicuramente possiamo dire che quello sulla temperatura, assieme a tutti gli altri dati, ci può aiutare a capire se Liliana è morta il giorno della scomparsa e la temperatura più rigida ha consentito la conservazione del corpo oppure no”.
I tempi per la chiusura del caso
Ma quando si chiuderà il caso? “Senz’altro entro fine anno – è la previsione del generale, ex comandante del Ris -. Tra 15 giorni dovremo essere in grado di dare il nostro contributo sul microbiota”, tecnica sperimentale che potrebbe consentire di datare con precisione la morte della 63enne.
La riesumazione e il lavoro sulla seconda autopsia
Tutto ruota attorno alla seconda autopsia di Cristina Cattaneo, antropologa forense ingaggiata come super esperta dalla procura.
Al centro delle nuove indagini – avviate dopo che il gip ha respinto la richiesta di archiviazione della procura – la domanda centrale: Lilly si è suicidata o è stata uccisa? Ancora: quando è morta? Lo stesso giorno della scomparsa o due-tre giorni prima del ritrovamento? La prima autopsia eseguita nel gennaio 2022 aveva lasciato aperto l’enigma.
I 7 dubbi per confutare l’ipotesi del suicidio
La squadra legale che assiste Sergio Resinovich – il fratello di Lilly, da sempre convinto che la sorella sia stata uccisa – aveva presentato a suo tempo una corposa memoria con un elenco di domande. Molte sono state ‘sposate’ dal gip nelle sue 25 osservazioni e richieste di approfondimento. Ecco i sette punti citati per confutare l’ipotesi suicidio:
- “il ritrovamento del cadavere all’interno di due sacchi neri, “non necessari al compimento del gesto autolesivo, ed anzi, funzionali, eventualmente al trasporto del cadavere e al contenimento delle tracce di un eventuale delitto”
- “l’acclarata assenza di sostanze stupefacenti e/o psicotrope, idonee a vincere il naturale istinto di autoconservazione”, “presenti nella quasi totalità dei suicidi da sacchetto, come attestato dalla letteratura scientifica e dalla casistica”
- “la posizione del cadavere perfettamente composto su un lato, definita dagli stessi CTPM come “dormiente”, in assenza di sostanze stupefacenti o psicotrope”
- la presenza di lesività diffusa
- “l’assenza di situazioni patologiche pregresse atte a giustificare o spiegare il gesto autolesivo”
- “l’assenza di impronte papillari di Liliana Resinovich sui sacchetti, tanto su quelli al capo, tanto sui sacchi neri e sul cordino”
- “il contenuto singolare della borsa, all’interno della quale è stata ritrovata una bottiglietta in plastica riempita per metà di un liquido che non conteneva sostanze stupefacenti o psicotrope, e sulla quale non sono state trovate tracce della donna, come se ella mai l’avesse toccata con le mani o vi abbia bevuto”.
La temperatura del bosco e l’assenza di morsi di animali
Il giallo di Trieste ha coinvolto molte competenze e figure professionali. Tra queste entomologi forensi come Stefano Vanin –l’uomo che fa parlare gli insetti – e zoologi come Nicola Bressi, che ha studiato in particolare gli animali del boschetto dove è stata ritrovata cadavere Lilly. Dai ratti ai cinghiali nessuno sembrerebbe averla attaccata. Come si spiega? Un’altra domanda che si affianca alle tante rimaste ancora senza risposta.