Martedì 5 Novembre 2024
RITA BARTOLOMEI
RITA BARTOLOMEI
Cronaca

Liliana Resinovich, ultimissime. Il generale Garofano: “Presto per mettere la parola fine. Cosa mi aspetto dal microbiota”

L’ex comandante del Ris, consulente di Sebastiano Visintin, marito di Lilly e le difficoltà delle nuove indagini: “Il corpo era in un sacco salma, quindi non ben conservato”

Trieste, 27 agosto 2024 - “La domanda centrale di questa storia resta una: quando è morta Liliana Resinovich? Per questo confido molto nell’analisi del microbiota, sebbene sia una tecnica sperimentale”. 

Le parole del generale Garofano

Il generale Luciano Garofano, ex comandante del R.I.S., come consulente di Sebastiano Visintin, marito di Lilly, si affida come sempre alla scienza per la soluzione di un mistero ancora irrisolto.

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Omicidio o suicidio? La 63enne di Trieste trovata cadavere il 5 gennaio 2022, a 22 giorni dalla scomparsa avvenuta il 14 dicembre 2021, è stata uccisa o si è suicidata?

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La seconda autopsia e gli errori

Finora non sembrano emersi elementi determinanti dalla seconda autopsia. “Mai dire mai, è presto per mettere la parola fine. Credo che come consulenti ci riuniremo a breve, a settembre”. La cosiddetta ‘pistola fumante’ non è trapelata… “Nella scienza spesso la pistola fumante non c’è. Lo dimostrano i casi che ci hanno lasciato tanti dubbi. Soprattutto quando si fanno errori. Alcuni sono irrimediabili. Il corpo di Liliana era in un sacco salma”. Quindi non ben conservato? “Esattamente. Quando siamo andati ad aprire, abbiamo trovato un corpo molto più trasformato di quanto non dovesse essere. Questa è la situazione che si è trovata davanti l’antropologa forense Cristina Cattaneo. Ma non diciamo la parola fine. Ci sono tanti elementi da considerare, anche i prelievi fatti all’inizio possono offrire delle interpretazioni diverse”.

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L’esame del microbiota

Lei ha chiesto e ottenuto l’esame del microbiota. Che cosa si aspetta? “Stiamo ancora lavorando, direi che servono almeno 15 giorni. È molto delicato. Lavoro con una giovane studiosa italiana che ha base in Gran Bretagna. Ma abbiamo bisogno anche del contributo di altri colleghi, proprio perché è un metodo sperimentale, innovativo. Il problema non è tanto amplificare e sequenziare il DNA ma interpretare i dati. Questo ancora non lo abbiamo fatto”.