Una ricerca condotta da Cnr-Ircres mostra che le esportazioni italiane verso il Libano sono concentrate (82,6%) nel trasporto via mare e con la devastazione del porto di Beirut questo non potrà non avere ripercussioni. Il settore potenzialmente più colpito è quello della raffinazione petrolifera (che vale 489 milioni di euro), a cui seguono i tipici prodotti del made in Italy (macchinari, che valgono 191 milioni, e poi chimica, alimentari e arredamento). La localizzazione delle raffinerie determina che le regioni più coinvolte siano Sardegna (21.1%) e Sicilia (19%), a cui seguono le aree dei distretti industriali lombardi (15.2%), veneti (11.4) ed emiliano romagnoli (9,7%). Anche se gli scambi con il Libano non sono particolarmente intensi (1,2 miliardi di euro di esportazioni dall’Italia e solo 40 milioni di euro di importazioni). Si teme un dimezzamento, almeno nei primi mesi. Il governo libanese punta a dirottare buona parte delle importazioni nello scalo di Tripoli, 80 km a nord, che è stato potenziato dai cinesi ed è adeguato per i container ma sembra sottodimensionato per i prodotti petroliferi. La Turchia ha messo a disposizione il porto di Mersin.
CronacaLibano in fiamme, Mediterraneo a rischio