Città del Vaticano, 8 febbraio 2022 - E' una "grandissima colpa" non affrontare o trascurare i casi di abusi. Benedetto XVI, dopo la pubblicazione del rapporto sugli abusi nell'arcidiocesi di Monaco e Frisinga, lo scorso 20 gennaio, in una lettera di risposta parla di "grandissima colpa". "Mi colpisce sempre più fortemente che giorno dopo giorno la Chiesa ponga all'inizio della celebrazione della Santa Messa - nella quale il Signore ci dona la sua Parola e se stesso - la confessione della nostra colpa e la richiesta di perdono. Preghiamo il Dio vivente pubblicamente di perdonare la nostra colpa, la nostra grande e grandissima colpa", scrive il Papa emerito che spiega: "E' chiaro che la parola 'grandissima' non si riferisce allo stesso modo a ogni giorno, a ogni singolo giorno. Ma ogni giorno mi domanda se anche oggi io non debba parlare di grandissima colpa. E mi dice in modo consolante che per quanto grande possa essere oggi la mia colpa, il Signore mi perdona, se con sincerità mi lascio scrutare da Lui e sono realmente disposto al cambiamento di me stesso".
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"In tutti i miei incontri, soprattutto durante i tanti Viaggi apostolici, con le vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti, ho guardato negli occhi le conseguenze di una grandissima colpa e ho imparato a capire che noi stessi veniamo trascinati in questa grandissima colpa quando la trascuriamo o quando non l'affrontiamo con la necessaria decisione e responsabilità, come troppo spesso è accaduto e accade", aggiunge Ratzinger.
Così il Papa emerito, Benedetto XVI ha voluto, nella lettera "circa il rapporto sugli abusi nell'Arcidiocesi di Monaco e Frisinga", datata Città del Vaticano 6 febbraio 2022, ma resa pubblica oggi dalla Sala Stampa della Santa Sede, esprimere la sua personale posizione dopo la pubblicazione del Rapporto condotto dallo studio legale Westpfahl Spilker Wastl riguardo ai casi di pedofilia che si sono verificati tra l'immediato dopoguerra e il 2019 nella stessa arcidiocesi. Una lettera nella quale il Papa teologo fa riferimento al sonno dei discepoli di Gesù sul Monte degli Ulivi per affermare che è "purtroppo la situazione che anche oggi si verifica di nuovo e per la quale anche io mi sento interpellato".
Una lettera, quella di Ratzinger, nella quale spiega il suo stato d'animo dopo la pubblicazione del documento che censisce centinaia di abusi commessi durante quasi otto decenni, e puntando il dito anche sui tre arcivescovi che si sono succeduti ai vertici di quella diocesi tra i quali lo stesso Papa emerito, per non aver sufficientemente vigilato. "Ho avuto grandi responsabilità nella Chiesa cattolica. Tanto più grande è il mio dolore per gli abusi e gli errori che si sono verificati durante il tempo del mio mandato nei rispettivi luoghi - scrive papa Ratzinger - Ogni singolo caso di abuso sessuale è terribile e irreparabile. Alle vittime degli abusi sessuali va la mia profonda compassione e mi rammarico per ogni singolo caso". "Sempre più comprendo il ribrezzo e la paura che sperimentò Cristo sul Monte degli Ulivi quando vide tutto quanto di terribile avrebbe dovuto superare interiormente - prosegue il Papa emerito - Che in quel momento i discepoli dormissero rappresenta purtroppo la situazione che anche oggi si verifica di nuovo e per la quale anche io mi sento interpellato. E così posso solo pregare il Signore e supplicare tutti gli angeli e i santi e voi, care sorelle e fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro".
Benedetto si affida, quindi, anche a una riflessione del tutto personale, quasi aprendo il cuore ai fedeli ai quali si rivolge. "Ben presto - dice infatti - mi troverò di fronte al giudice ultimo della mia vita. Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l'animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l'amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato (Paraclito). In vista dell'ora del giudizio mi diviene così chiara la grazia dell'essere cristiano. L'essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l'amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia - conclude il Papa emerito - la porta oscura della morte. In proposito mi ritorna di continuo in mente quello che Giovanni racconta all'inizio dell'Apocalisse: egli vede il Figlio dell'uomo in tutta la sua grandezza e cade ai suoi piedi come morto. Ma Egli, posando su di lui la destra, gli dice: "Non temere! Sono io...".