"Attendiamo il principe Amleto della Pisana…", alias Nicola Zingaretti, allarga le braccia un dem. Il Nazareno – e non solo Francesco Boccia, che gestisce la pratica, ma direttamente Enrico Letta – si è dato altre 48 ore per convincere ‘Zinga’ a candidarsi. Il pressing è forsennato. "Enrico non si può permettere di perdere Roma", affilano le armi i nemici interni. In vista delle comunali, il catalogo dem è questo. Il Pd Letta dovrebbe ‘tenere’ Bologna (il candidato uscirà dalle primarie tra Lepore e la Conti), di sicuro perderà Torino (il candidato del Pd, Lorusso, non piace al M5s, che andrà da solo), ma vincerà con grande probabilità a Milano, dove si ricandida il sindaco uscente, ora ‘verde’, Sala, e Napoli (sia si candidi Fico sia Manfredi).
Ma la città che Letta non può perdere è Roma. E il solo candidato in grado di vincere è Zingaretti. Lo sa Letta, lo sa il mentore di Zingaretti e inventore del ’modello Roma’, Goffredo Bettini, e lo sanno tutti i dem romani che contano (Mancini, Marroni, Prestipino ecc). Il problema è che un candidato in pectore, e da mesi, c’è e si chiama Roberto Gualtieri: ora l’idea (di Bettini) è di affiancarlo a ’Zinga’ come assessore al Bilancio nella ‘giunta dei sogni’ che dovrà risanare Roma.
E Amleto-Zingaretti? Il tam tam interno ai dem dice che scioglierà la riserva questo sabato e in senso positivo. I suoi ribattono: "Sabato la sola cosa che Nicola ha in programma è di vaccinarsi, e con Astrazeneca. Punto". Non a caso, il tavolo delle regole per le primarie romane viene sconvocato e riconvocato. Primarie che dovrebbero tenersi il 20 giugno, con termine per presentare le candidature al 20 maggio, e regole già scritte. Prevalenza dell’on-line, sui seggi fisici, riservati solo ai ‘vecchietti’, voto ai 16enni, obiettivo 100 mila votanti. Candidati: tre ’piccoli’ (Zevi, Caudo, Ciani) e un big (Gualtieri). Ma le primarie sarebbero inutili se ‘Zinga’ decidesse di correre. "Nicola fa le primarie con i sette nani? Suvvia", la chiosa di un alto dirigente dem. Ma Nicola c’è? L’ex segretario Pd, nei panni di Amleto, ci si trova a suo agio: è sempre stato ’sor Tentenna’.
Ma tutti i sondaggi lo danno stra-vincitore, alcuni persino al primo turno, e contro chiunque altro: un candidato del centrodestra, a oggi inesistente, e una sindaca uscente, Virginia Raggi, detestata. Il problema, per Zingaretti, si chiama Regione Lazio. Il governatore va giustamente fiero dei tanti risultati portati a casa dalla sua amministrazione sul fronte vaccini, rifiuti, lavoro, salute, cultura. Dimettersi, in modo repentino, e lasciare il Lazio a metà dell’opera sarebbe, quella sì, una sconfitta.
Ma la scappatoia c’è. L’idea è scendere in campo per il Comune, ma non dimettersi subito, bensì a settembre, in Regione, in modo da far slittare le elezioni anticipate in Lazio fino a dicembre e poi, con la scusa di dover approvare il bilancio, quasi di sicuro fino a febbraio 2022. Inoltre, così, i pentastellati – che pretendono, di avere un loro nome da piazzare, come candidato a governatore (la Lombardi, fresca di accordo col Pd in giunta) – si eviterebbero l’imbarazzo, e l’incoerenza, di sostenere la Raggi alle comunali contro il Pd e, in contemporanea, di fare l’alleanza col Pd in Lazio. Conte, Crimi e Di Maio ci lavorano con Letta. Intanto, la Raggi, che il ‘nuovo’ M5s non può scaricare, incassa l’appoggio di Casaleggio.