I BAMBINI capiscono da soli che il mondo non è un luogo facile e benedetto. Perché gli specchi sono sempre appesi troppo in alto, presto non saranno più biondi e di sicuro non sposeranno la mamma. Questo è il massimo della disillusione che dovrebbero sopportare. Sono autorizzati ad avere paura del buio, per forza, ma di un buio che è residuo dell’eternità da cui vengono, fondamentalmente vuoto e innocuo. Possono essere terrorizzati dall’ignoto, dagli estranei e da tutte le cose bizzarre che infestano l’infanzia: il para spifferi che di notte mette i denti e morde, la mano mozzata in cima all’armadio, i pagliacci soprattutto. A ripensarci, lo sgomento è la cifra sana di chi è appena sbarcato sulla terra e stenta a fare tornare i conti fra le incognite della gravità, del tempo e della bicicletta senza ruote, tutte declinazioni di uno stadio di incertezza condiviso dai cuccioli di ogni specie. Questo in teoria, in una parte della terra dove i neonati sono avvolti dal borotalco e il massimo di violenza accettabile nei loro confronti è quella cinematografica. Quando negli anni Sessanta uscì il film «Incompreso» gli italiani erano convinti di avere esaurito le lacrime. Poi vennero a tradimento «L’ultima neve di primavera», «Il venditore di palloncini», il povero Remy e il soave Giosuè di «La vita è bella».
NON ERAVAMO preparati alla cronaca, così generosa di raccapriccio che in confronto Stephen King sembra un dilettante quando scrive: «Io ho il cuore di un bambino. In un barattolo sulla mia scrivania». Da troppi anni raccontiamo di creature di tre anni con la testa spaccata da un pentolino dove bolliva il latte. Di coltelli che volevano tagliare il passato dei grandi e invece hanno interrotto il futuro dei piccoli. Di genitori acrobati disperati che si sono lanciati da un balcone purtroppo non da soli. Venduti, comprati, rubati. Strattonati sull’orlo di un divorzio. Sciolti nell’acido dalla mafia. Murati vivi in un pozzo per disattenzione. Sepolti sottoterra con una vanga in mano. Oggetti sessuali. O semplicemente orfani perché qualcuno ammazza la mamma e già grazie se li lascia vivi, che è una forma di violenza dalle conseguenze devastanti il giorno in cui finalmente arriveranno a guardarsi nello specchio e non si riconosceranno. Altro che cinema.
di Viviana Ponchia