Milano, 11 agosto 2023 – Pupi Avati, nei giorni scorsi ha suscitato grande scalpore la notizia di quel promesso sposo che a Torino, invece di annunciare il matrimonio, davanti agli invitati ha svelato il tradimento di lei e ha rotto il fidanzamento (esiste anche il video). Lei che ha sempre difeso i valori del matrimonio, come giudica l’episodio?
"Ma è la scena di un film! Nel mio ‘Il testimone dello sposo’, la protagonista rivelava di amare il testimone proprio sul soglio nuziale. Io sono stato terribilmente geloso, a mia moglie ho fatto patire le pene dell’inferno perché, essendo molto bella, era oggetto delle attenzioni di molti. E io la responsabilizzavo ingiustamente".
Il tradimento giustifica la rottura di un fidanzamento?
"Il tradimento, sia nell’amore che nell’amicizia, è terapeutico, è un momento di crescita. Se si torna dal tradimento, con la consapevolezza di aver commesso uno sbaglio, si torna ricchi di esperienza. L’unione si irrobustisce. Il tradimento non è nocivo al matrimonio, se accompagnato dal pentimento. Provoca una rivalutazione del proprio sposo, o sposa, diciamo pure che una comparazione rende più attraente il compagno, o la compagna".
Lei si è sempre schierato a favore di un matrimonio ‘finché morte non ci separi’, sono cambiati i tempi?
"Investire su un’altra persona è un investimento rischioso, qualunque cosa può metterlo in discussione. Lo dico sulla base di vicende di persone anagraficamente vicine a me che hanno scelto la strada dell’indipendenza o della mutevolezza, cose da cui anche io, soprattutto da giovane, sono stato tentato. Ma ho fatto bene a ricredermi perché invecchiare accanto a una persona che ti conosce, che ha vissuto con te tutte le fasi della vita, è molto incoraggiante. Spartisce con te uno sgomento, una tendenza alla depressione davanti a questa cosa orrenda che è la vecchiaia".
Qual è l’essenza del matrimonio?
"Il matrimonio, così come è stato creato secoli fa, è una cosa pazza e irragionevole, caratterizzata dalla locuzione ‘per sempre’. Noi degli anni ’40-’50 non solo dicevamo ‘per sempre’ ma lo pensavamo anche, ci illudevamo che fosse applicabile agli affetti sia amicali che sentimentali. La ragazza della vita pensavamo davvero che fosse la ragazza della vita. Magari poi non era così, ma lì, in quei momenti, in quei mesi, in quegli anni, ci avevi creduto. Oggi il ‘per sempre‘ è stato soppresso. Prevale l’egoismo, per precauzione la donna che ti sta accanto non è più la moglie ma è diventata la ‘compagna’, un termine che contiene già un termine di precarietà, oggi è qui, domani chissà. C’è cautela a impegnarsi per sempre. C’è la mancanza di uno slancio iniziale, è una limitazione a quella che potrebbe essere una storia d’amore che tende agli assoluti, cioè di condividere per sempre tutto quello che accadrà. Io me ne sono accorto avendo avuto anche esperienze dolorose. Io e mia moglie abbiamo vissuto momenti di crisi nel nostro matrimonio. Poi io e lei l’abbiamo riconsiderato, siamo tornati insieme, ed è stato un giorno benedetto, non soltanto per quello che riguarda noi, ma per la responsabilità verso i figli. Quando generi un figlio gli prometti che avrà un padre e una madre. Certo, ci sono casi patologici in cui la separazione è d’obbligo. Ma se si tratta solo di turbolenze, di incomprensioni, di sottovalutazioni, bisogna riconsiderare la responsabilità di far nascere un figlio. Sono un vecchio conservatore e non mi vergogno di esserlo, in un Paese democratico – non so se l’Italia lo sia ancora – si può dirlo, e da vecchio conservatore penso che i figli debbano attingere da un modello materno e uno paterno, due approcci completamente diversi. Avere due mamme e due papà è un’esperienza diversa, non dico migliore o peggiore, ma diversa da quella in cui sono cresciuto io".