CanèÈ andata come doveva andare: bene, per tutti. Lo possiamo dire adesso che Cecilia Sala è a casa, e Abedini pure. Non certo all’inizio di questa vicenda di arresti incrociati in scenari melmosi come l’Iran, con l’ombra della guerra, i droni, la morte di soldati Usa addebitata alle tecnologie dell’ingegnere di Teheran arrestato a Milano per conto della Casa Bianca. Intreccio di interessi, triangolazione tra Paesi nemici, con l’Italia in mezzo: una matassa difficile da sbrogliare. Possiamo anche dire che per avere Cecilia qualcosa abbiamo dovuto mollare: Abedini, ma probabilmente non solo. Possibile, quasi certo. Il che è normale in queste trattative che devono conservare una quota di segretezza, componente essenziale per un buon esito della vicenda in corso e di altre che potrebbero presentarsi. Va detto ancora che la Meloni è stata brava ad assicurarsi il via libera dei due presidenti Usa, e gli "Zii Sam" hanno forse ottenuto qualcosa (computer, chiavette...?) sufficiente per non sfidare fino in fondo l’Iran, e mettere in difficoltà l’amica Giorgia. Tutto facile, dopo. Forse ancora di più perché l’Italia è dagli anni ‘70 in quegli scenari il sistema politico-diplomatico meglio radicato ed efficiente. Di sicuro abbiamo sempre pagato qualcosa, anche in danaro, per liberare la nostra gente prelevata dal gaglioffo di turno. Ma le nostre contropartite hanno funzionato perché più di altri sappiamo cosa e chi "pagare" in contesti in cui ci sono mille porte a cui bussare, ma una sola è quella giusta. Possiamo anche retrospettivamente criticare "l’equidistanza" di Moro nel conflitto arabo israeliano, il "Lodo" segreto che avrebbe consentito all’Italia di restare terreno di transito del terrorismo filo palestinese, ma non teatro di attentati: la politica dei "Due Forni", cementata da Andreotti. Sta di fatto che noi non abbiamo avuto i Bataclan. E Cecilia è ritornata a casa.
CronacaL’arte degli 007 e l’esperienza degli anni ’70