Era tra gli artisti più illuminati della postmodernità. Famoso per la sua versatilità ed eccentricità. Milano piange la scomparsa di Italo Rota, morto ieri, a 70 anni, architetto geniale e visionario, a lui si deve il Museo del Novecento. "È stato un gioioso e curioso fanciullo, un bambino sempre pronto ad incantare, a produrre nuova gioia, appassionato della vita, delle arti, degli oggetti, della cultura umana". La voce s’incrina, tanto forte è l’emozione per Gianfranco Maraniello, direttore del Polo museale moderno e contemporaneo di Milano e del Museo del ’900. Rota era ricoverato all’Humanitas, "se ne va troppo presto", lascia un vuoto enorme. "Con lui non c’era il ricorso a formule fatte, non era mai banale. L’ho frequentano anche come amico, mi colpiva la sua passione per il collezionismo, dai libri ai soldatini sino alle Barbie e agli oggetti più curiosi, a testimonianza di una sua vivacità eclettica", aggiunge Maraniello.
Nato a Milano nel 1953, Italo Rota dopo la laurea al Politecnico, lavora con Vittorio Gregotti e Gae Aulenti. Alla fine degli anni Ottanta si trasferisce a Parigi, dove firma la ristrutturazione del Museo d’Arte Moderna al Centre Pompidou, del museo d’Orsay con Gae Aulenti, sino al padiglione del Kuwait all’Expo di Milano e alla recente collaborazione con Carlo Ratti per il padiglione italiano all’Expo di Dubai. "Mi mancherà la sua visione, il confronto quotidiano anche sul Museo del ’900, per migliorarne la funzionalita – continua Maraniello –. Abbiamo condiviso molte revisioni degli spazi, con l’idea che l’archittettura non è solo quello che sta all’interno né solo quello che si vede da fuori ma il transito di percezione. Alcune modifiche nel museo immaginato da lui avevano prodotto una censura dello sguardo. Così abbiamo cercato di restituire agli ambienti quegli affacci straordinari, sulla torre Velasca, o sul Duomo stesso, che produrranno quella sensazione che i visitatori hanno nella celebre Sala Fontana. Ci teneva molto".
Infaticabile, figura fra le più poliedriche della scena architettonica italiana, Rota stava lavorando a diverse mostre, a Roma e a MIlano. Sotto la Madonnina ha firmato l’allestimento della mostra al Poldi Pezzoli su Piero della Francesca, ’Il polittico agostiniano riunito’ – otto tavole – dopo 555 anni dalla sua realizzazione. "Una della sue ultime sfide professionali", ricorda la direttrice del Poldi, Alessandra Quarto. "È sua l’idea geniale di mettere in prospettiva i quattro Santi del Polittico. L’amico e collega Stefano Boeri assicura: "Faremo la camera ardente in Triennale, è la sua casa".