"Il problema delle rinnovabili è che funzionano a intermittenza". Per Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, gli investimenti green sono benvenuti, ma eolico, fotovoltaico e idroelettrico da soli non bastano.
Quali sono i principali fattori che stanno contribuendo al calo della produzione elettrica da fonti rinnovabili in Italia?
"Per quanto riguarda l’idroelettrico, la siccità degli ultimi 18 mesi ovviamente ha pesato in maniera determinante. Eolico e fotovoltaico, invece, sono fortemente influenzati dalle condizioni meteorologiche. Dovrebbero essere interdipendenti e compensarsi a vicenda: nel senso che quando c’è il sole, il vento dovrebbe tirare di meno e viceversa. Ma, come si vede dai dati, entrambe le fonti sono in calo. E anche a fronte di un leggero aumento della capacità, la produzione da rinnovabili può comunque calare, come è successo nel 2022 e nei primi due mesi di quest’anno".
Rinnovabili, crolla la produzione green. La siccità da record dimezza l’idroelettrico
Quali sono gli ostacoli?
"Le fonti rinnovabili in Italia e nel resto del mondo, come dimostrano i dati, fanno fatica ad aumentare la produzione. Una fatica, nel sostituire le centrali tradizionali, che si contrappone all’entusiasmo che generano tra politici e cittadini. Bastano poche variazioni nelle precipitazioni per causare un crollo della produzione, come stiamo assistendo per l’idroelettrico. Poi ci sono gli ostacoli burocratici, con autorizzazioni difficili da ottenere e lente ad arrivare. Ma il problema principale è l’intermittenza delle rinnovabili".
Cioè?
"Funzionano solo per un quarto o un ottavo delle ore che ci sono in un anno. Ormai è da decenni che sentiamo parlare di sistemi di accumulazione, ma fino a oggi non c’è nulla che possa funzionare in modo davvero efficiente quando si tratta di impianti di grandi dimensioni. E anche i bacini per l’idroelettrico sono fermi: al di là della siccità, bisogna anche considerare il fatto che non possiamo farne di nuovi".
Ma è un problema solo italiano o anche altri Paesi si trovano nelle stesse condizioni?
"No, anche l’Europa del Nord, che sta puntando sull’eolico nel Mare del Nord, deve fare i conti con questa situazione. La Germania, senza nucleare e carbone, sarebbe andata in seria difficoltà. Poi c’è un problema di linee elettriche: l’energia deve arrivare là dove ce n’è bisogno, ovvero nei grandi impianti industriali. Ovviamente tutto questo ha un costo. E sul futuro poi pende la spada di Damocle della Francia".
In che senso?
"Al momento Parigi non ha un piano per sostituire 56 centrali nucleari che stanno diventando desuete. L’eolico, che è la prima soluzione, non basta. Quindi che cosa può succedere? Quello che è accaduto nel 2022, quando lo stop parziale al nucleare francese, per motivi di manutenzione, assieme alla corsa all’approvvigionamento del gas, ha fatto schizzare le bollette".
Terna ha avvertito che se in estate le temperature saranno particolarmente elevate, come quelle dell’anno scorso, al Nord e al Centro-Nord si rischiano distacchi. È un pericolo concreto?
"L’allarme c’è. Il nostro Paese è fortemente dipendente dal nucleare francese, che pesa quasi per il 10% del fabbisogno. Se Parigi anche questa estate avrà dei problemi, ne risentiremo subito. Non bisogna scordare che nel 2003 l’Italia ha vissuto il più grave blackout della storia moderna. Molte cose sono cambiate da allora, ma è una lezione che sarebbe bene tenere a mente".