Venerdì 10 Gennaio 2025
CARLO BARONI
Cronaca

La verità dopo 24 anni Parà ucciso in caserma, ex caporali condannati "Omicidio volontario"

Nel 2018 riaperte le indagini: non fu suicidio. Condanne a 26 e 18 anni. Il pm: "Il militare cadde da una torre mentre fuggiva dalle loro sevizie". Il ministero dovrà risarcire. La famiglia della vittima: ora c’è giustizia.

La verità dopo 24 anni Parà ucciso in caserma, ex caporali condannati "Omicidio volontario"

di Carlo Baroni

Il 13 agosto 1999 Emanuele Scieri, 26 anni, siracusano, era arrivato nella caserma Gamerra di Pisa da poche ore. Dopo aver sistemato i bagagli in camerata, andò a fare un giro per la città e rientrò in caserma. Ma quando scattò il contrappello non c’era. A quell’ora probabilmente era già morto. L’allievo parà era misteriosamente scomparso. Tre giorni dopo, il 16 agosto, venne trovato cadavere. Ora c’è una sentenza che dice che Scieri era stato ucciso. Non si era ammazzato. La corte d’assiste del tribunale di Pisa, all’esito di un lungo processo, ha condannato quelli che ritiene esserne stati i responsabili: Alessandro Panella, a 26 anni di carcere; Luigi Zabara, a 18 anni di carcere. La procura aveva chiesto rispettivamente 24 e 21 anni. I due imputati si sono sempre dichiarati innocenti tramite i rispettivi avvocati. A Zabara i giudici hanno riconosciuto una ridotta partecipazione all’evento. La corte ha condannato gli imputati e il ministero della Difesa al risarcimento dei danni alle parti civili, fissando in 200mila euro di provvisionale per la madre di Emanuele, Isabella Guarino, e 150mila euro per il fratello Francesco Scieri.

La corte ha inoltre condannato, in solido tra loro, Panella (difeso dall’avvocato Andrea Cariello) e Zabara (assistito dagli avvocati Andrea Di Giuliomaria e Maria Teresa Schettini), al risarcimento dei danni in favore del ministero della Difesa, che nel processo era anche parte civile, per 80mila euro. "La nuova inchiesta è iniziata nel 2017 e ha comportato un lavoro complesso – ha detto l’ex procuratore capo di Pisa, Alessandro Crini, che ha coordinato le indagini col pm Sisto Restuccia –. Si è cercato di ricostruire i fatti per dare una risposta anche alla sua famiglia che cercava verità e giustizia. L’inquadramento della nostra inchiesta appare più o meno accolto dalla Corte, ma aspettiamo le motivazioni".

Secondo il copione che ha portato al processo, l’ex parà sarebbe rimasto vittima di atti di nonnismo: teatro il piazzale sotto la scala di asciugatura dei paracadute della caserma. Gli imputati, i ’nonni’, il 13 agosto stesso lo avrebbero picchiato anche dopo che lui aveva cercato una disperata fuga sulla torretta, facendolo poi precipitare e morire, e nascondendo il corpo sotto un tavolo. Nel 2018 in tre erano finiti sotto inchiesta, con una svolta nelle indagini che aveva coinvolto anche un terzo caporale, Andrea Antico (assolto con rito abbreviato in primo grado) e dopo che già la commissione parlamentare d’inchiesta – presieduta dall’onorevole Sofia Amoddio – aveva concluso che Scieri non si era ucciso. L’ultima udienza si è aperta ieri con le testimonianze delle tre donne che dal 13 al 15 agosto di quell’anno conobbero e uscirono con un paracadutista che nel 1999 era in caserma e che a sommarie informazioni riferì di avere visto nella Gamerra – intorno all’una di notte – gli imputati ancora svegli. Tra ricordi sbiaditi sulla scansione temporale di quella breve vacanza, hanno comunque affermato di aver detto la verità quando furono sentite nel 2000: una sequenza di cui poco hanno memoria oggi. Ma orari, movimenti e testimonianza sulle presenze in caserma, nella notte sotto la lente da 24 anni, era il tassello mancante alla corte per pronunciarsi.

"Mio fratello non ci sarà restituito ma ora c’è una verità, quella che noi abbiamo sempre voluto, sia io che i miei genitori. Hanno lottato fino allo stremo per avere questa giornata così importante e finalmente c’è una sentenza di condanna per i colpevoli, per quelli che hanno sbagliato", ha detto Francesco Scieri, fratello di Emanuele. Sul caso un filone è in appello: la trattazione l’11 ottobre. In primo grado l’ex maggiore Salvatore Romondia e l’ex generale Enrico Celentano, imputati per favoreggiamento, sono stati assolti insieme ad Antico. Ma la procura si è appellata.