di Raffaele Marmo
O c’è il centrodestra o c’è l’attuale maggioranza. È un po’ lungo questa linea che si snoda la prima giornata di voto e di stretta sull’elezione del nuovo presidente della Repubblica, vista dal versante di Fratelli d’Italia. E, del resto, non è un caso che, appena saputo e capito che Matteo Salvini stava a Palazzo Chigi da Mario Draghi per affrontare il nodo vero di tutto, quello del nuovo governo, Giorgia Meloni ha dato un avviso multiplo ai naviganti (a cominciare dallo stesso leader della Lega).
Nell’ordine: il Mattarella-bis per noi non è praticabile ("Siamo indisponibili"), il nostro candidato è Carlo Nordio e, senza dirlo esplicitamente ma riservatamente sì, se il voto a Draghi dovesse far parte di un accordone complessivo anche sul nuovo esecutivo, sappiate che noi non ci saremo. E questo senza contare che anche un pezzo di FI (a sua volta in lite con l’ala governista filo-Draghi) si mostra irritato per le mosse del leader leghista: "Matteo ha ricevuto un mandato pieno per trovare un nome condiviso di centrodestra da eleggere al Quirinale, non per trattare posti di governo".
Quello che si manifesta, dunque, come un nuovo strappo nella lacerata tela del centrodestra si materializza nella mattinata quando è la stessa leader di Fratelli d’Italia a ammonire: "Il centrodestra, se rimane compatto, può sicuramente condurre la partita. Comunque vada, noi sosterremo il ritorno alle urne anche perché il mandato di Draghi, a nostro avviso, è legato a quello di Sergio Mattarella".
In quelle ore, però, Salvini è a colloquio con il premier: l’incontro è di quelli considerati uno snodo della partita. Non certo per andare a votare in anticipo, ma per favorire l’intesa salva-legislatura con Draghi al Colle. Si spiega, dunque, perché la Meloni mandi quei messaggi e, soprattutto, perché, a quel punto, non solo dichiari l’indisponibilità per il Mattarella-bis, ma faccia anche un gesto, se non di rottura, di separatezza e distinzione sì: la candidatura di Nordio, al di fuori e prima di qualsiasi rosa di nomi dell’intera coalizione. A quel punto Salvini e la Meloni si vedono alla Camera e fanno sapere che l’incontro è stato utile "per fare il punto della situazione". Niente di più. Un modo per dire che hanno ben poco da dirsi. Sicuramente molto meno di quello che si sono potuti raccontare il capo leghista e il segretario dem nel loro "lungo e cordiale colloquio".
E così lo sfogo dentro il partito della Meloni va avanti tutta la giornata: "Già da tempo – sintetizzano gli esponenti di Fd’I – Salvini punta a colonizzare la coalizione. La prima Opa ostile risale ai tempi del governo gialloverde. Oggi è peggio perché nessuno di noi ne sapeva nulla di questo incontro". Non basta: più di uno storce il naso per le consultazioni parallele e inedite di Draghi come premier in carica e Capo dello Stato in pectore. Una novità che viene considerata un vulnus anche della prassi costituzionale.
Il risultato, tra pomeriggio e sera, è condensato non solo nell’assenza della mitica rosa del centro-destra, ma, soprattutto, nel ritorno in campo della maggioranza (a cominciare dai due azionisti più rilevanti) che sostiene l’attuale governo con l’avvio concreto della trattativa per l’accordone che dovrebbe tenere insieme Draghi al Quirinale, il nuovo esecutivo e la grande rassicurazione ai parlamentari sul prosieguo della legislatura. Sarà anche per questo che fin dalla mattina la Meloni ha anticipato ai suoi che Fratelli d’Italia non voterà per Draghi se sarà il risultato dell’intesa complessiva nella maggioranza.