Martedì 16 Luglio 2024
ERIKA PONTINI
Cronaca

Messina Denaro, il pm: "Killer spietato e stratega occulto”. Così era riuscito a nascondersi

Luca Tescaroli, capo della Dda di Firenze: avremmo voluto interrogarlo sugli attentati di 30 anni fa

Roma, 26 settembre 2023 – "Davanti alla morte, anche di un boss stragista, occorre avere la pietà che si riconosce ai defunti e il rispetto per il dolore dei suoi cari, nonostante i delitti che Matteo Messina Denaro ha commesso, e la gravità di quello che ha contribuito a realizzare". Il procuratore aggiunto Luca Tescaroli, a capo della Dda di Firenze, indaga sui mandanti esterni delle stragi in Continente e sui legami con la politica ma tutta la sua storia professionale è stata scandita dalla lotta alla mafia: a Caltanissetta prima dove si occupò dei processi per la strage di Capaci, con Roma Capitale poi, e infine per chiarire i punti oscuri degli attentati a suon di autobombe che tra il ’93 e il ’94 rischiarono di mettere in ginocchio il Paese.

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Messina Denaro era al centro delle decisioni. Ora è morto: quanti segreti si porta nella tomba?

"Tanti. A partire dall’archivio di Salvatore Riina che, nei giorni seguenti all’arresto, ha contribuito a sottrarre, secondo il racconto di alcuni collaboratori di giustizia tra i quali Giovanni Brusca e Antonino Giuffrè. Un dato significativo tanto più se si considera che dopo l’arresto di Riina ha promosso, insieme ad altri tra cui Giuseppe Graviano, la prosecuzione delle stragi e la strategia politica di cosa nostra".

E i rapporti con la politica?

"Verosimilmente conosceva gli accordi, ove intervenuti, tra i vertici di cosa nostra e soggetti esterni nell’ideazione e deliberazione della strategia stragista dei primi anni novanta, compresi i legami con i garanti della mafia e il perché della cessazione di quella campagna che mise in pericolo la nostra democrazia".

Il mancato attentato ai carabinieri in servizio all’Olimpico nel ’94?

"Esatto".

Diceva i garanti di cosa nostra... Chi sono?

"Cosa nostra non è una mera organizzazione di criminali che uccide, spara, traffica droga e armi e chiede il pizzo ma è un’organizzazione che è riuscita a concepire delle strategie ed a raggiungere obiettivi sulla base di rapporti con il mondo economico-finanziario, con quello della politica e con i professionisti. Messina Denaro possedeva notizie e indicazioni importanti di quest’area grigia e degli accordi con cosa nostra".

Prima colonnello della mafia stragista di Riina, poi allineato alla politica di Provenzano. Chi era davvero?

"Ha avuto due volti: dalla strategia di attacco al cuore dello Stato a quella della sommersione che gli ha garantito trent’anni di latitanza".

Adesso che mafia dobbiamo aspettarci?

"Sicuramente meno forte di quanto non lo fosse agli inizi degli anni ’90, anche grazie ad un’azione di contrasto incisiva e a strumenti legislativi efficaci, molti dei quali concepiti proprio da Giovanni Falcone e recepiti dalla politica. La mafia però conserva una sua pericolosità: la storia ci insegna che l’arresto di un latitante non è in grado di porre fine a una mafia che ha saputo resistere anche ai collaboratori di giustizia. Per un boss catturato ce n’è uno nuovo".

Ma sarà una mafia silente?

"La strategia è quella della sommersione, che si è rivelata più fruttuosa, anche se nel corso degli anni non si sono abbandonati progetti di attentati anche nei confronti di magistrati ma fortunatamente non compiuti".

Parlava di strumenti legislativi. Nei mesi scorsi c’è stata polemica per la revisione del reato di concorso esterno. Lei cosa ne pensa?

"È un reato importante per colpire la rete di collusioni di cui dispone cosa nostra e incide su quell’anello di collegamento che trasforma l’organizzazione in una struttura capace di perseguire strategie su ampia scala".

Messina Denaro non si è mai voluto pentire. Perché?

"Non è facile decifrare gli obiettivi di un mafioso. È possibile che abbia voluto lanciare un messaggio a cosa nostra per tutelare la sua struttura, i propri cari e per assicurare la continuazione dell’organizzazione".

Eppure voi avete in programma un interrogatorio...

"Sì, avremmo voluto interrogarlo".