Sabato 27 Luglio 2024
RICCARDO JANNELLO
Cronaca

La scrittrice: "Dai salari ai contratti. La protesta deve unire"

Irene Soave, autrice dello “Statuto delle lavoratrici“

Roma : Studi Rai ex Dear. Vieni da me puntata del 25/09/2019

Roma : Studi Rai ex Dear. Vieni da me puntata del 25/09/2019

’Lo Statuto delle lavoratrici’ (Bompiani) è il ponderoso volume scritto dalla giornalista del Corriere della Sera Irene Soave, necessario e molto documentato per capire la situazione del lavoro femminile partendo da quella pietra miliare che fu lo Statuto del 1970, il primo a regolare la "libertà e dignità dei lavoratori".

Irene, perché e per cosa nasce questo libro?

"Mi appassiona molto lo studio dei sentimenti collettivi e quello che mi sembra attualmente più diffuso è la disaffezione al lavoro".

Che si manifesta come?

"Delusione, frustrazione, malinconia, mortificazione per lavori ingrati e sotto pagati".

Parlando di "lavoratrici", che cosa si impara?

"Che le donne sono mediamente pagate il 18% in meno degli uomini a parità di impiego, grado e anzianità e che per loro la conciliazione è più dura. Quindi che il problema femminile è grave".

Un libro per le donne?

"Più che le destinatarie, le donne sono l’esempio di cosa intendo quando parlo degli indicatori sulla qualità del lavoro che sono tutti diminuiti: i salari, la durata dei contratti, le mansioni più basse".

Lei sostiene che col termine ’lavoratrici’ si possono considerare anche gli uomini: quali?

"Quelli malpagati, spinti ai margini della vita attiva, costretti a rinunciare al lavoro o a non eccellervi. Chi non sopporta più di essere reperibile ogni ora è in fondo una ‘lavoratrice’".

Lo Statuto del 1970 che cosa ci insegna?

"Che non ci sono diritti ottenuti per gentile concessione e che è necessaria una dose di conflitto sociale e proteste. Il biennio precedente alla promulgazione fu di forti proteste: nel 1969 il mancato rinnovo di contratti nazionali costò 400 milioni di ore di lavoro in scioperi, una perdita pari a una piccola manovra finanziaria”.

Il testo è ancora valido?

“La società che gli sta attorno è cambiata, ma resta la più importante forma di diritto. Certo disegnata perlopiù su lavoratori dipendenti dell’industria, maschi e sindacalizzati e questo è un limite. E poi molti lavori nuovi non sono tutelati; troppi giovani e donne non sono dipendenti stabili e di questi pochi se ne interessano”.

Le donne possono fare qualcosa per cambiare la propria situazione?

"Uno sciopero di genere non va da nessuna parte. Sempre meglio tutti assieme perché anche gli uomini ci guadagnano da un lavoro meno ingordo".

È ancora tempo delle suffragette?

"Non lo so, ma di un sano femminismo sì".

Questo quindi è un libro femminista?

"Perché no. Come dovremmo esserlo tutti, maschi e femmine. Ed è un libro politico".

Le quote rosa hanno risolto qualche problema?

"Quelle riguardano l’accesso al potere più che i diritti delle lavoratrici. Non guardo alla donna in carriera, penso di più alla commessa".

La Chiesa che ruolo ha svolto nel lavoro alle donne?

“Nel 1891, quando le donne erano entrate in fabbrica, la ‘Rerum Novarum’ di Papa Leone XIII le disegnava come prede sessuali e le invitava a rimanere a casa per proteggere l’onestà lavorando nei campi, come se in famiglia le molestie e le violenze non si verificassero. Sì, fu un ostacolo all’ingresso della donna nel mondo del lavoro”.

Donna e casa: lei divide fra lavoro produttivo e quello riproduttivo, il primo più maschile il secondo più femminile. Quale il loro rapporto?

“Che il lavoro di cura di casa e famigliari ricada principalmente sulla donna è quasi un’ovvietà. Adesso molto viene appaltato a categorie femminili ancora più marginali e pagate in nero, scelte col passaparola in una zona scura che ricorda la prostituzione. Ma le difficoltà sono in effetti molteplici”.

Per esempio?

“Gli orari di uffici e scuola non coincidono e si sente dire che un figlio è un capriccio se la donna vuole lavorare. E non è così”.

La maternità e i suoi presunti ostacoli: come se ne esce? 

“La gestione dei figli dovrebbe riguardare anche il padre. Il 54% delle donne ha dovuto scegliere fra lavoro e figli: perché l’uomo non deve fare mai questa scelta?”.

Colpa del mercato del lavoro?

“Se lasciato a se stesso danneggia le donne, dovrebbero esserci leggi che lo regolino in questo senso. Oppure si dica: ‘Noi non vogliamo che le donne lavorino’. Ma ormai come si fa a campare con uno stipendio solo?

Oggi è l’8 marzo: che giornata deve essere?

“Che sia una giornata di conflitto sociale che ci ricordi che se la donna perde perdono anche gli uomini”.