Sabato 29 Giugno 2024
LUCA TAVECCHIO
Cronaca

La rivoluzione di Milano. Quattro atenei, quattro rettrici. L’ex ministra: "Scelte per il valore"

Dopo Statale, Politecnico e Bicocca, anche la Cattolica designa una donna, Elena Beccalli. Maria Cristina Messa, al governo con Draghi: "Il vento è cambiato, ma la strada è ancora lunga".

La rivoluzione di Milano. Quattro atenei, quattro rettrici. L’ex ministra: "Scelte per il valore"

La rivoluzione di Milano. Quattro atenei, quattro rettrici. L’ex ministra: "Scelte per il valore"

"Anch’io sono piacevolmente sorpresa. La tendenza era già in atto, ma che si arrivasse così velocemente a questi risultati non me l’aspettavo". Maria Cristina Messa è stata una pioniera, non la prima rettrice di un’università in Italia, ma la prima a Milano – città con gli atenei più importanti del Paese – eletta alla Bicocca nel lontano 2013, che sul fronte gender gap è davvero un’altra era geologica: undici anni dopo si ritrova non solo le tre università pubbliche della città guidate da donne, ma anche una delle private più tradizionali, la Cattolica. "Se anche la Cattolica ha scelto una rettrice significa che il vento è davvero cambiato", scherza Messa, ora direttrice scientifica dell’Irccs Fondazione Don Gnocchi, che tra le altre cose è stata ministro dell’Università del governo Draghi, riuscendo a “portare a casa“ la quota minima del 40% di donne per i centri di ricerca che nasceranno coi fondi Pnrr. Anche se con le “quote“, Messa non va propriamente d’accordo: "Alla guida delle quattro università cittadine sono state scelte persone di valore e grande iniziativa, indipendentemente dal genere".

Bicocca, Statale, Politecnico e adesso anche Cattolica: pare proprio che l’università a Milano sia donna.

"C’è da esserne solo orgogliosi. Al di là del genere, sono state scelte persone capaci e con idee innovative che vanno aldilà dei vecchi schemi e principi. E la cosa che inorgoglisce è che a sceglierle è stata innanzitutto la comunità scientifica. Segno di un apprezzamento che è prima di ogni altra cosa professionale e umano".

Tre università pubbliche e una privata, si può dire che il gender gap è stato finalmente colmato?

"Non esageriamo. Le quattro rettrici sono un’ottima notizia, ma la strada è ancora lunga. Le diseguaglianze sono ancora molte. Troppe. I numeri di rettrici e professori ordinari, del resto, parlano chiaro. Quello che è successo nelle università milanesi è stato un bel colpo di piccone al ’soffitto di cristallo’, ma il lavoro da fare è ancora tanto".

A proposito di ’soffitto di cristallo’, cosa manca per abbatterlo del tutto?

"Credo che si debba intervenire sulle generazioni più giovani, sulle ricercatrici. Fare in modo che abbiano le stesse possibilità dei colleghi maschi".

Cosa ha influito su questa accelerazione al femminile nei posti di responsabilità negli atenei?

"Se guardiamo alle date, notiamo che c’è la coincidenza del Covid. La pandemia è come se avesse azzerato le differenze. Ha messo davanti agli occhi di tutti, purtroppo in maniera drammatica, quanto davvero non contino le differenze di genere, quanto realmente siamo tutti uguali. Ripartire dal Covid è stato come ricominciare da zero con una nuova consapevolezza. A quel punto le donne hanno potuto gareggiare ad armi pari. Ed è qui che c’è stato anche uno scatto culturale".

Di che tipo?

"Le donne hanno sempre lavorato nell’ombra, nelle seconde file, rinunciando ad essere protagoniste per quieto vivere e non incrinare antichi equilibri. Il coraggio nel loro lavoro lo hanno sempre avuto, ora però non temono di mettersi in gioco e di prendersi il posto che si meritano davanti agli altri".

Lei è stata una delle prime rettrici d’Italia, dal suo punto di osservazione c’è un contributo che le donne possono portare per risolvere i problemi e le sfide che l’università ha davanti?

"Sono aliena a questo tipo di differenze. Servono competenza e capacità di innovare. Se a Milano, ma anche nella più grande università di Roma, sono state scelte delle donne significa che hanno dimostrato di possedere queste qualità, indipendentemente dal genere".

Tra le sue battaglie c’è anche quella per riformare il sistema delle università telematiche, cosa propone?

"Le università telematiche soddisfano un bisogno di ‘formazione veloce’ ma non soddisfano, almeno a oggi, criteri di qualità paragonabili a quelli del titolo di laurea tradizionale. La soluzione potrebbe essere che per le telematiche si preveda un diploma superiore parallelo a quello degli Its. Se proprio vogliono mantenere il titolo di ’università’, devono adeguarsi agli standard degli altri atenei".