Rabotti
C’è la vita che fa il giro, come nei tre segni che sono il simbolo delle Paralimpiadi. A volte di giri ne fa anche più di uno, e con traiettorie imprevedibili. Nel bene e nel male, come quella del proiettile che tolse a Manuel Bortuzzo la possibilità di diventare un campione nel nuoto, lui che si allenava con Gregorio Paltrinieri al quale aveva strappato un record giovanile, e probabilmente sarebbe andato alle Olimpiadi di Tokyo.
Era il 3 febbraio del 2019, non volevano sparare a lui, fuori da quel pub alla periferia di Roma: lo scambiarono per un altro. Non sapevano, i due ragazzi che poi si consegnarono alle forze dell’ordine, che lo stavano facendo nel senso letterale del termine, perché da quel giorno, con la lesione midollare all’altezza di una vertebra che gli paralizzò le gambe, un Manuel Bortuzzo diverso prese il posto del primo. Le Paralimpiadi in questo forse sono anche superiori alle Olimpiadi: ogni concorrente porta i simboli di una storia da leggere, a cui ispirarsi. Manuel non si è accontentato del segno lasciato da quello sparo: ci ha aggiunto i tatuaggi, prima quelli piccoli, quello dietro il collo riporta la data della sparatoria, un altro, con il numero 12, la distanza in millimetri dall’aorta addominale. La distanza tra la vita, per quanto diversa dalla prima, e la morte. Poi altri grandi, alcuni a coprire i primi, come quello di una storia d’amore finita. Oggi ha tutto il tronco coperto da inchiostro che racconta la sua rinascita.
Manuel è ripartito, e vive la vigilia della partecipazione ai Giochi come "la chiusura di un cerchio, una sensazione bella, la serenità di dire di essere arrivato, ora non c’è nulla da perdere. Mi approccio a questo evento con serenità perché ho lavorato e sono soddisfatto di come l’ho fatto. Ho tanta voglia di fare, non vedo l’ora di gareggiare; è tutto molto bello e sono molto gasato".
In mezzo c’è uno dei pochi casi in cui il mondo moderno così eccessivamente mediatico in realtà si è reso utile. Perché non sono passati neanche vent’anni, da quando ancora la più alta barriera psicologica che fermava i potenziali atleti paralimpici era quella dello sguardo degli altri. Lui non si è chiuso dietro una porta: su RaiPlay il docufilm ’Rinascere’ è ispirato al suo libro, è andato al Grande Fratello dove ha incontrato uno dei suoi modelli sportivi, Aldo Montano, ex campione di sciabola, uno che di Giochi se ne intende. E infatti prima di partire per Parigi gli ha chiesto consigli: "Lui è un punto di riferimento. L’ho sentito, mi ha scritto. Lui è un esperto di questi eventi ed è una grande fortuna averlo accanto. In fondo la competizione è la stessa, tutto identico. Cambiano i compagni di viaggio, ma solo loro perché le sensazioni sono uguali. Mi auguro che le Paralimpiadi possano essere seguite allo stesso modo perché meritano. Io in una condizione diversa, ma ci sono".
Il sogno del primo Manuel era una medaglia d’oro, quello del secondo è lo stesso: "Si punta sempre al massimo, ma dobbiamo anche essere realisti. Me la vedrò contro chi nuota da tanti anni, tutti atleti molto forti sulla carta. Non sento pressione perché non sono il favorito, non ho nulla da perdere. Andrò per giocarmi tutto senza guardare al risultato, perché una volta che hai dato tutto, quello che arriva arriva. Voglio toccare la vasca e poter dire di aver fatto bene. So che valgo, ma tutto è una conseguenza. Sarei disposto anche ad arrivare ultimo ma con un tempo incredibile per me stesso".
È vero, tecnicamente Manuel non è il favorito, nelle gare di nuoto alle quali parteciperà. Ma ormai il destino ci ha abituati, a fare giri su traiettorie imprevedibili.