Lucetta
Scaraffia
Chissà perché i dati sulla frequenza dell’ora di religione non sono pubblici e accessibili. C’è voluta una richiesta ufficiale dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti per venirne a capo.
I risultati sono interessanti: il numero degli studenti che chiede l’esenzione è in costante aumento, e prevale nelle scuole superiori, dove sono gli studenti e non le famiglie a decidere.
La distribuzione di coloro che vogliono essere esentati è molto irregolare: da un massimo in Toscana ed Emilia Romagna a un minimo in Molise, Basilicata e Campania. Sono numeri che fanno capire come, almeno sul piano dell’ora di religione, l’Italia sia ancora profondamente divisa, perché l’interesse per questa materia scema nelle zone più modernizzate, oltre che nelle fasce di età più alte.
Ma chiunque conosce il mondo della scuola, anche solo come genitore, sa che la fuga dall’ora di religione tocca nella realtà percentuali molto più alte.
Non sempre le scuole sono in grado di proporre insegnamenti sostitutivi, e l’ora di religione viene piazzata alla prima o all’ultima ora, così che gli esentati possono entrare dopo o uscire prima.
Ma il docente che non dà voti non fa l’appello, e quindi a seguire la lezione va solo chi vuole. E, per di più, fra i presenti, c’è sempre chi utilizza l’ora per studiare altre materie, o per copiare i compiti.
Tutto questo succede quando la maggior parte degli studenti non riceve un’educazione religiosa in famiglia, e quindi ignora tutto quanto gli permette di comprendere la nostra cultura artistica, letteraria, storica.
Studiare religione è quindi indispensabile, ma come materia obbligatoria, e i docenti dovrebbero essere selezionati dallo stato, non dall’autorità ecclesiastica.
E dovrebbero insegnare il cristianesimo per confrontarlo con le altre religioni. È una rivoluzione urgente.