Mala tempora currunt. Non c’è nessuna prospettiva di pace a breve e anche quando verrà il tempo di far tacere le armi, scordiamoci che tornerà tutto come prima. È realista l’ambasciatore Giampiero Massolo, già segretario generale della Farnesina e direttore del Dis, oggi presidente di Ispi e di Atlantia.
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Ambasciatore Massolo, quanto manca alla pace in Ucraina?
"È ancora lontana. Bisogna partire dal quello che succede sul terreno, dove vediamo con tutta evidenza che Putin ritiene ancora di poter consolidare le aree acquisite sulla costa del Mar Nero e guadagnare ulteriormente in Donbass, se non tentare ancora di attaccare, in un momento successivo, Odessa. Quanto agli ucraini, malgrado alcune conquiste nella zona di Kharkiv, perdono lentamente terreno in Donbass, ma si sentono ancora in grado di resistere e anche di programmare nel medio periodo controffensive. Entrambe le parti sperano di migliorare le loro posizioni con le armi, quindi il campo ci dice che questa è la ricetta di una guerra di lungo periodo".
In molti cercano di mediare...
"In questa fase non sono ancora possibili negoziati significativi perché i due attori non sono disponibili. Tutto quello a cui stiamo assistendo in diplomazia si chiamano “esercizi di buoni uffici“. Lo fa la Turchia, lo fa l’Italia, ci stanno pensando altri paesi. Utile, non ancora decisivo".
Quale può essere il punto di caduta?
"Questo è il senso della missione che il presidente Draghi ha fatto a Washington. Nella piena solidarietà dell’Occidente con Kiev va promossa una riflessione tra gli alleati e con gli ucraini per definire quel che si chiama un end game, una prospettiva di fine della guerra. Ma la verità è che ancora la situazione sul campo non consente troppe elaborazioni, al massimo di lavorare i temi del negoziato: cessate il fuoco, status internazionale futuro dell’Ucraina, appartenenza all’Ue, consistenza del suo esercito, status dei territori occupati dai russi, futuro ordine di sicurezza in Europa".
Quando i tempi saranno maturi per trattare?
"Quando ucraini e russi riterranno che i costi della prosecuzione siano superiori a quelli di una interruzione delle ostilità. E allo stato attuale non ne vedo le premesse".
È ipotizzabile tornare a prima del 24 febbraio?
"Temo che non si uscirà da questa guerra con la pace, ma probabilmente con un armistizio precario, ed è bene essere consapevoli che la situazione non tornerà al pre 24 febbraio, e che non potremo riavere presto uno status nel quale in Europa si torna alla collaborazione. Si aprirà invece un periodo piuttosto lungo di contrapposizione e deterrenza. Ovviamente, non è colpa nostra ma dell’aggressore russo".
Ci attende una nuova guerra fredda?
"Direi peggio, perché quella intanto aveva delle regole ed era appunto una guerra fredda, questa, potrebbe non esserlo. Il rischio che corriamo è che la situazione finisca per congelarsi, e che l’Europa venga attraversata da una sorta di linea Maginot, e cioè da una trincea che potrà essere fredda, ma potrà riscaldarsi e riattivarsi occasionalmente. Ma resterà un ferita aperta. Un conflitto semicongelato, è questo il rischio che corriamo".