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Alessandro Ugolini con il piccolo Manuel. Aveva 5 anni quando ha perso la madre si gettò dal tetto di casa con lui
All’ingresso delle Officine delle ferrovie a Rimini, dove lavora, c’è ancora il cartello Forza Ale. I colleghi l’hanno messo lì dopo la tragedia del 5 luglio e da allora non l’hanno più tolto. "Loro, insieme alla mia famiglia e agli amici, mi stanno dando la forza per andare avanti...", dice Alessandro Ugolini. Ma niente è più come prima per lui, dopo quella mattina del 5 luglio, quando la moglie, Graziana Helga Todaro, si è tolta la vita buttandosi dal tetto del condominio dove vivono i genitori, portando con sé il loro unico figlio, Manuel. Graziana aveva 40 anni, il piccolo Manuel appena 5. Non passa giorno senza che Alessandro vada al cimitero. Il dolore è immenso. Il vuoto è incolmabile. Ma da tutto quel dolore Alessandro è riuscito a tirar fuori la forza per dare un nuovo senso alla sua vita. "Ho deciso di dedicare la mia vita ai bambini che soffrono, che hanno famiglie che non possono crescerli come vorrebbero". Alessandro ha scelto di diventare un genitore affidatario, per prendersi cura dei minori in condizioni disagiate.
Una decisione forte, la sua, dopo il dramma che ha vissuto. "Non è stato facile, lo ammetto. Ci ho pensato sopra a lungo, prima di fare questo passo. Poi, in autunno, ho deciso di frequentare il corso per i genitori affidatari e l’ho portato a termine. È stata dura, ma dopo la scomparsa di Manuel ho capito che dovevo continuare a vivere per aiutare altri bambini".
Quando accoglierà a casa il primo bambino in affido? "Questo non dipenderà da me. Il corso l’ho finito, sono nella lista. Ho dato la mia disponibilità. Vedremo. Manuel mi manca da morire, ho pensato che questa fosse la strada giusta per onorare la sua memoria. Ma non sarà l’unica. Organizzeremo una raccolta fondi nel suo nome, durante le giornate di festa del Carnevale dedicate ai bambini a Rimini (Color Coriandolo). Lo faremo insieme all’associazione di volontari che si vestono da supereroi per rallegrare i bambini ricoverati".
Sono i volontari che hanno partecipato anche ai funerali di Manuel e Graziana in Duomo? "Sì. Dopo i funerali ci siamo tenuti in contatto e ho deciso di dare loro una mano nelle attività di beneficenza. Abbiamo contattato il Comune di Rimini, che ha condiviso la nostra iniziativa. Speriamo di aiutare insieme tanti bambini".
Sono passati sette mesi dalla tragedia. Quali sentimenti prova nei confronti di Graziana? "Quando vado al cimitero mi fermo a pregare anche davanti alla sua tomba. È lì, accanto a quella di Manuel. Continuo a chiedermi il perché di questa disgrazia. Quel giorno, insieme a Graziana e Manuel, è come se fosse morta anche una parte di me. Un dolore troppo grande, con cui dovrò convivere per il resto della mia vita. Purtroppo non si può fare più niente, non si può tornare indietro... E io non voglio aggiungere altro dolore a quello che già sto vivendo".
Un dolore che si mescola alla rabbia? "La rabbia c’è. Sono arrabbiato, è vero, ma non con lei. Non provo rancore nei suoi confronti".
Con chi ce l’ha? "La colpa di questa enorme tragedia non è di Graziana, ma della sua malattia. La depressione è una bruttissima bestia. Una patologia subdola, che ancora oggi risulta molto difficile da curare. Negli ultimi mesi lei non dormiva quasi più. Aveva cominciato a prendere dei fermaci, ma io l’ho scoperto solo dopo la tragedia. È stata la malattia a spingere Graziana al quel gesto disperato e a portarmi via Manuel. Lui era tutto per me. Mi diceva spesso: babbo sei il mio supereroe".
Che effetto le fa pensare che presto potrebbe avere di nuovo dei bambini correre e giocare per casa? "Per ora non riesco nemmeno a immaginarmelo. Ma so che Manuel, da lassù, mi guarda ed è felice della mia decisione".