"Un ostaggio, una pedina di un gioco più grosso". Non ci sono ancora notizie di Alberto Trentini (foto) e la famiglia è disperata e pensa al trattamento avuto da Cecilia Sala. Il 45enne veneziano cooperante della ong Humanity & Inclusion dal 15 novembre è in mano alle autorità venezuelane, recluso in carcere dal Controspionaggio militare con accuse che al momento non sono state formulate. Il governo italiano, dopo la denuncia dei genitori e un’interrogazione del Pd, ha fatto i primi passi. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha convocato l’incaricato d’affari dell’ambasciata di Caracas a Roma per protestare: "L’Italia continuerà a chiedere al Venezuela di rispettare leggi internazionali e volontà democratica del suo popolo. Stiamo lavorando con discrezione e responsabilità. Andiamo avanti cercando sempre e comunque di aiutare i nostri concittadini come abbiamo fatto e come stiamo facendo già da alcuni giorni".
Trentini era con l’autista al confine con la Colombia; arrivato in Venezuela il 17 ottobre, quasi ogni giorno comunicava ai genitori cosa stesse facendo e la sua localizzazione, ma dal 15 novembre è calato il silenzio. "Io e mio marito – dice la madre Armanda – siamo angosciati, Alberto è un figlio speciale per quel che ha fatto aiutando gli altri. Mi diceva sempre che la più grande soddisfazione era vedere il sorriso delle persone che aiutava, come i caminantes in fuga dal Venezuela che arrivavano da loro con le scarpe sbriciolate". E ha confermato che il figlio ha bisogno di medicine per l’ipertensione senza cui correrebbe gravi rischi per la salute. "La missione umanitaria che stava svolgendo – dice l’avvocata Alessandra Ballerini– deve costituire un ponte di dialogo che consenta di raggiungere il risultato del suo pronto rientro in Italia. La tradizione di familiarità tra italiani e venezuelani impone questo segnale di pacificazione".
red. int.