Martedì 16 Luglio 2024
FRANCESCA CHILLONI
Cronaca

La madre di Saman in bianco. Diffusa la foto del suo arresto. L’attivista: segnale anti violenza

L’immagine di Nazia Shaheen mostrata dalla polizia pakistana. Catturata dopo 3 anni di latitanza. È condannata all’ergastolo per l’assassinio di sua figlia che non volle accettare un matrimonio combinato.

La madre di Saman in bianco. Diffusa la foto del suo arresto. L’attivista: segnale anti violenza

La madre di Saman in bianco. Diffusa la foto del suo arresto. L’attivista: segnale anti violenza

"L’arresto della madre di Saman è un monito molto importante a tutte le donne pakistane che approvano o sollecitano le azioni violente dei mariti verso i figli. Ora sanno che per loro non c’è impunità o schermo dalla legge. È un risultato molto positivo". Wajahat Abbas Kazmi, regista, scrittore e giornalista di Emilia Times, è arrivato in Italia 25 anni fa da bambino. Residente a Reggio Emilia, è in prima linea sul fronte dell’accoglienza ai rifugiati e per i diritti umani e civili: lui stesso subì un tentativo di matrimonio combinato con una cugina, a seguito del quale fece coming out. Sul tema ha scritto un libro e da tempo collabora con il Comune di Novellara, la cittadina emiliana dove Saman visse e fu uccisa.

Qual è il ruolo delle madri nella comunità pakistana?

"In casa tengono le redini e cercano di convincere le figlie a sottostare ai voleri della famiglia, ai matrimoni combinati. Quando non riescono, alzano le mani e dicono al padre: pensaci tu. L’arresto è un ottimo segnale: sanno che è anche loro responsabilità impedire le tragedie. Ora diminuiranno i casi Saman.

Come il Pakistan ha recepito la notizia della cattura di Nazia Shaheen?

"Era su tutti i giornali, il caso ha avuto molto risonanza. Sono contento che polizia pakistana, Interpol e il sistema giudiziario locale abbiano collaborato. I rapporti Italia-Pakistan sono buoni: il 9 maggio ad esempio l’ambasciatrice italiana a Islamabad ha incontrato il ministro dell’Interno discutere di cooperazione in materia di immigrazione. Rilevo però che la famiglia di Saman non è potente o ricca, non ha avuto coperture o appoggi, non può fare pressioni a differenza di quella di Sana Cheema, la giovane bresciana uccisa come Saman per la propria ribellione. Aspettiamo giustizia anche per lei.

Quale è la condizione della donna in Pakistan?

"Il delitto d’onore è la normalità: non si percepisce come scandalo che 800-1000 donne all’anno siano uccise. Le cose vanno meglio, i responsabili sempre più spesso vengono arrestati, ma in molti pensano sia corretto uccidere chi ha disonorato la famiglia e la tradizione.

E come vivono le pakistane in Italia?

"L’Italia, a differenza di altri Paesi, non chiede laureati ma contadini. I nostri immigrati hanno un background povero, le donne hanno un’istruzione di base. Non riescono a integrarsi perché l’Italia non fornisce gli strumenti per farlo: innanzitutto corsi di lingua. Lingua è cultura e integrazione. Le pakistane vorrebbero prendere la patente, lavorare, essere autonome. C’è tanta voglia di imparare, poi si rassegnano alla routine domestica. Tante pensano sia meglio stare in famiglia e in comunità che finire in mano ai servizi sociali".

E le seconde generazioni?

"C’è il problema contrario. Crescono nella cultura italiana, vedono i loro padri in un contesto in cui non hanno la percezione che dentro di loro c’è anche l’uomo pakistano che può diventare pericoloso. I genitori hanno la responsabilità far conoscere propria la cultura di provenienza. All’estero siamo già alla terza, quarta generazione: esistono associazioni di donne indiane e pakistane per le donne, si fa formazione a scuola. In Italia servirà tempo".