L’ora di alternativa "già da parecchi anni è tutto tranne che un’ora buca". Le scuole, specialmente le secondarie di secondo grado, "offrono agli studenti, che non si avvalgono dell’Insegnamento della religione cattolica, occasioni di crescita culturale o agganci con le altre materie curriculari, fatto salvo per quei ragazzi che, come è loro diritto, scelgono di astenersi da qualsiasi attività in quello spazio di tempo". Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi, ci tiene a sottolineare la valenza formativa dell’ora di alternativa, scansando i pregiudizi che si accavallano nell’immaginario collettivo di tanti padri e madri ancorati ancora alla loro esperienza scolastica.
Quali sono gli obiettivi di questo particolare tipo d’insegnamento?
"Sta al collegio dei docenti deliberare ad inizio anno i target dell’attività alternativa. Si punta in generale ad insegnare i diritti e doveri di cittadinanza o a dare occasioni di recupero e potenziamento agli alunni nelle materie in cui sono più carenti. Tale insegnamento ha una sua specifica programmazione e prevede una valutazione finale al pari dell’Irc".
Ma è giusto insegnare religione cristiana cattolica nella scuola pubblica laica?
"Sì, non ci sono contraddizioni, nel senso che la religione fa parte della cultura italiana. L’importante che non ci sia una sorta di catechizzazione, ma in generale non è così, nelle nostre aule non si fa catechismo. In quell’ora insegnanti e alunni discutono tematiche collegate al rapporto fra la religione, lo Stato moderno e le libertà civili. Poi, come al solito, può anche essere che ci siano delle situazioni specifiche che scantonano un po’ da queste linee guida".
Che cosa succede, invece, nel resto d’Europa?
"Si confrontano due modelli. Da una parte, la Francia che evita qualsiasi tipo d’insegnamento della religione e qualsiasi simbolo della fede in classe, nel segno di una laicità per così dire spinta. Dall’altra parte, abbiamo i Paesi del Nord Europa più orientati verso un pluralismo religioso anche nella didattica scolastica".
Non pensa che quest’ultimo modello possa essere confacente anche allo stato attuale della società italiana, sempre meno cattolica e sempre più plurale?
"Certo, invece che pensare ad abolire l’ora di religione si potrebbe pensare ad un’ora delle Religioni".
Pensa ad un taglio più storico dell’insegnamento, lei che è un fisico?
"La ritengo una strada percorribile".
Anche tra i vescovi si sta pensando a questo, partendo da una rinuncia all’ora di religione così come prevista dal Concordato del 1984...
"Potrebbe essere un buon passo che troverebbe un suo seguito nel mondo della scuola. Tutto quello che va nella direzione dell’ampliamento della libertà di scelta e della riflessione critica sul sociale e sulle tematiche della convivenza civile, e questa proposta vi rientra, per me è un aspetto favorevole. Quello che io penso è che vada evitata una chiusura alle altre religioni e confessioni in quanto un confronto aperto è sempre funzionale anche a una migliore qualità di vita in relazione alla convivenza civile".
Insomma il modello non è quello d’Oltralpe?
"L’importante è solo che durante l’ora di religione non si faccia evangelizzazione e proselitismo".