Domenica 17 Novembre 2024

Riccardo Faggin, la finta laurea e la morte. I genitori: è colpa nostra

Padova, la madre del ragazzo morto schiantandosi contro un albero: "Gli dicevamo di muoversi, ci pareva normale"

Riccardo Faggin, 26 anni, morto in un incidente stradale

Riccardo Faggin, 26 anni, morto in un incidente stradale

Padova - Una tragedia nella tragedia, è il quadro che sempre più va delineandosi attorno alla morte di Riccardo Faggin. Aveva 26 anni quando lunedì la sua auto si è schiantata contro un albero: fatto che sembra sempre meno una fatalità, soprattutto dopo le dichiarazioni rilasciate ieri dai genitori. Sapeva che il giorno dopo lo aspettava la festa con genitori e amici, per una laurea in realtà mai conseguita. L’esterno dell’abitazione era già stato decorato con i fiocchi rossi, per festeggiare la sua corona d’alloro in infermieristica all’università di Padova. Riccardo invece non aveva dato tutti gli esami. Anche se tutti sapevano che avrebbe dovuto discutere ieri la tesi, cosa poi smentita dall’Università di Padova. Non c’era nessuna sessione di laurea.

"Si sentiva in trappola", ha detto il padre, Stefano, per quella bugia che probabilmente si trascinava da mesi. Che la dinamica dello schianto fosse poco chiara lo avevano capito subito gli agenti della polizia stradale. La vettura era uscita dritta su una curva, contro un albero, nessun segno di frenata e a un chilometro da casa, dunque su un tratto che Riccardo conosceva molto bene. Certo, restano ancora aperte anche altre ipotesi, come il colpo di sonno o un malore improvviso. Ma con il passare delle ore il sospetto del gesto volontario ha preso il sopravvento, anche nei familiari.

Riccardo, descritto dai genitori come molto sensibile, aveva avuto qualche battuta d’arresto nel suo percorso universitario. L’argomento della tesi, ha spiegato il padre, doveva essere un’analisi della percezione del servizio sanitario da parte dei pazienti prima e dopo il Covid. Ma al genitore Riccardo non aveva voluto farla leggere, sostenendo che doveva essere "una sorpresa". "Mi rimprovero di non aver saputo leggere i segnali, di non avergli insegnato ad avere quella forza che serve per chiedere aiuto", ha detto il padre, Stefano.

"Lo vedevamo un po’ fermo – ha raccontato invece la madre, Luisa Cesaron –. Lo riprendevamo perché si muovesse con questa benedetta laurea. Forse, però, l’abbiamo aggredito troppo". "Ci eravamo accorti che non si dava da fare ma adesso, di fronte a questo baratro, mi chiedo: quanto ha sofferto mio figlio? Lui non voleva deludere noi. Se solo ce lo avesse detto, avremmo provato ad aiutarlo. Non l’avremmo punito". La vita di Riccardo, raccontata dalla madre, sembra invasa da un’enorme solitudine: "Se avesse avuto amicizie più salde, forse avrebbe trovato qualcuno con cui confidarsi – prosegue –. Quella sera ci ha detto: “Sono teso, vado a fare un giro al bar“. Poi abbiamo scoperto che il bar era chiuso. Non sappiamo chi abbia visto, con chi sia stato. Stanno indagando". Della laurea "non ne aveva parlato neanche a suo fratello – aggiunge il padre –. Sia chiaro: non sono arrabbiato con mio figlio, non gliene faccio una colpa per non aver saputo gestire le sue debolezze. La responsabilità, semmai, me la sento addosso io".