Francesca e Federico oggi diranno sì, nella chiesa di Santa Maria del Carmine a Pavia. Con 30 invitati, adattandosi alle recenti limitazioni imposte dal governo per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Perché, parafrasando Albus Silente, il buono della saga di Harry Potter: "La felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo uno si ricorda di accendere la luce".
Francesca Corsi e Federico Codazzi, 28 anni lei, 29 anni lui, avrebbero dovuto sposarsi lo scorso 25 aprile, in una delle fasi più calde della pandemia: 200 invitati, cerimonia ufficiata nella stessa chiesa pavese. A fine febbraio Federico, ingegnere civile di Chiavenna, imbustava le partecipazioni, durante la diretta dell’Inter. "Io ero a New York per lavoro – racconta Francesca, tecnologa alimentare originaria di Buccinasco –. Avevo lasciato l’Italia poche settimane prima quando c’era un solo caso di Covid-19. Mai mi sarei aspettata, al rientro, di trovare il Paese alle prese con una situazione senza precedenti. Siamo ovviamente stati costretti a rinviare il matrimonio".
La scelta è caduta sul 17 ottobre. Oggi. "Ci eravamo però illusi – prosegue Francesca – che avremmo potuto festeggiare le nozze esattamente come programmato in partenza. Purtroppo le recenti limitazioni non lo hanno reso possibile, ma abbiamo deciso di non scoraggiarci e andare oltre". L’entusiasmo che trionfa, il sentimento che li unisce sopra tutto. "Non è stato subito così però – precisa Francesca –. Inizialmente presa dallo sconforto ho scritto una email al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per chiedere una ’deroga’ alle regole, per non rinunciare alla cerimonia esattamente come l’avevamo immaginata e organizzata in partenza. Non ho però avuto risposta. Un giorno, una mia collega, vedendomi piangere in ufficio mi ha chiesto quale fosse il problema. ‘Ti hanno forse tolto la possibilità di sposarti in chiesa? No? E allora stai serena’. Questa frase mi ha fatto riflettere e confrontandomi con Federico abbiamo deciso che ci saremmo sposati comunque. Il Covid-19 non può fermare questo matrimonio, non può fermare il nostro amore, ci siamo detti". "Non volevamo rinviare ulteriormente le nozze – sottolinea Francesca – perché ci tenevamo a ufficializzare la nostra unione nel segno della nostra fede quanto prima".
"Il virus ci ha paradossalmente riportato all’essenziale, ci ha ’ricentrato’ su cosa ci serviva per stare veramente bene", fa eco Federico. "L’essenziale – ci ha fatto capire Chiche – un monaco della Cascinazza, sede di un monastero, nostro amico, è avere con noi in questo giorno chi per noi è l’evidenza del volto di Cristo", aggiunge la neosposa. Le disposizioni governative li hanno costretti a rivedere il programma della cerimonia, anche in fatto di presenze. "Abbiamo dovuto selezionare gli invitati – spiega –. Provengo da una famiglia numerosa, quindi considerando genitori, fratelli e sorelle con i partner, testimoni e relativi familiari, più tre amici strettissimi, abbiamo subito raggiunto il numero massimo di ospiti ammessi".
Pure la scelta della meta per il viaggio di nozze è stata fortemente condizionata dall’emergenza Coronavirus. Ma Francesca e Federico hanno fatto di necessità virtù. "Siamo appassionati di vino. Trascorreremo cinque giorni in Toscana visitando cantine, al posto dell’esotico Giappone o delle calde Maldive". E, possiamo scommetterci, il forzato cambiamento di rotta non appannerà la loro fiaba d’amore.