Roma, 23, dicembre 2024 – Ci ride sopra, ma la definizione non gli dispiace anche perchè calza come un abito sartoriale su misura. Il professor Andrea Segrè, docente di economia circolare e politiche per lo sviluppo sostenibile all’Università di Bologna, è il Cavaliere bianco che si batte contro il Cavaliere nero dello spreco alimentare. Lo fa da scrittore-divulgatore che ha appena pubblicato l’ultimo libro ma soprattutto da direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher-Campagna spreco zero.
Professore, dove si spreca di più?
"Gli sprechi maggiori si registrano nelle case più che nei ristoranti o nella distribuzione. Il 70% si spreca in famiglia".
Possibile che le mamme e le nonne non siano attente?
"Lo sono, ma la consuetudine di gettare l’insalata appena avvizzita o il pane del giorno prima diventato più duro è molto diffusa".
Il pane secco però…
"Si può sempre riutilizzare grattugiandolo".
E se scade lo yogurt?
"Le scadenze hanno una tolleranza: i fermenti lattici non si suicidano tutti a mezzanotte e un minuto. Per un prodotto secco, come la pasta, si può anche superare il ‘da consumarsi preferibilmente entro’".
Lo specchio dei numeri?
"L’Osservatorio ci dice che in Italia nel 2024 lo spreco è aumentato del 45%: da 469 a 683 grammi pro-capite alla settimana, circa 35 kg all’anno. Sembra nulla, ma in valore sono oltre 7 miliardi di euro. Considerando che un pasto medio pesa 500g, oltre 4 miliardi di pasti finiscono nella spazzatura. Un’enormità, considerando i quasi 6 milioni di poveri alimentare".
Aiuta l’app realizzata contro lo spreco alimentare?
"Molto. Lo Sprecometro fornisce conoscenze utili a indirizzare le scelte individuali per la riduzione e la prevenzione dello spreco alimentare domestico e fuori casa e l’adozione di diete sane. Misura in grammi lo spreco alimentare di singoli e gruppi, valutando la perdita economica, l’impronta carbonica e idrica e poi suggerisce i modi per evitare di sprecare.
Mangiamo bene o male?
"Sempre peggio, la Dieta mediterranea è un mito. Soprattutto per i giovani: le statistiche del sovrappeso e obesità di ragazzini sui 12/13 anni sono impressionanti, in particolare nelle zone della Campania dove è stata ‘scoperta’ la dieta mediterranea. Assurdo".
È allarme rosso?
"Il problema è evidente per le fasce a reddito più basso. Chi non si può permettere un’alimentazione adeguata rischia più di altri. Le istituzioni dovrebbero intervenire, perché mangiar male ha degli effetti negativi su salute e costi sanitari".
Tema che lei affronta nel suo ultimo libro ‘La spesa nel carrello degli altri, l’Italia e l’impoverimento alimentare’, realizzato con Ilaria Pertot dell’Università di Trento.
"Come ha scritto il cardinale Matteo Maria Zuppi nella prefazione, il libro ci aiuta a capire cosa mangiano i poveri e quindi a cercare noi la risposta, a fare nostra la loro fame. Ma la platea di chi mangia male è molto più ampia: dipendenze, educazione, solitudine, patologie, che raccontiamo in 13 storie di sopravvivenza esistenziale e alimentare".
Che messaggio lascia il libro?
"Che l’impoverimento alimentare riguarda tutti, non solo i poveri. E che dovremmo riconoscere lo ‘ius cibi’, ovvero il diritto universale ad una alimentazione adeguata. Per metterlo in pratica insieme alla prof Pertot proponiamo una serie di interventi strutturali attraverso un sistema di politiche integrate all’educazione alimentare in tutti i cicli di istruzione".