Domenica 4 Agosto 2024

La Commissione europea. Barroso, burocrate liberista. Due mandati poco incisivi, ma con il Nobel in tasca

L’ex premier portoghese di centrodestra è tra i pochi ad aver ottenuto la rielezione. Nel 2004 era forte dell’appoggio dei pezzi di grossi di allora: Chirac, Merkel e Blair. Dall’affaire Buttiglione (bocciato per le frasi sui gay) al premio per la Pace alla Ue.

di Piero S.

Graglia

La Spagna e il Portogallo sono Paesi dell’Unione che condividono un destino simile: usciti entrambi alla metà degli anni Settanta dall’esperienza di regimi autoritari fascistoidi (Francisco Franco in Spagna e Marcelo Caetano in Portogallo) all’inizio degli anni Ottanta hanno rappresentato una grande opportunità per quella che all’epoca era ancora la Comunità economica europea. Il loro arrivo nel 1987 (con la Grecia prima di loro, nel 1981) ha modificato parzialmente la principale politica comune, quella agricola, dando più peso alle produzioni mediterranee (quindi indirettamente rappresentando un’opportunità anche per l’Italia e parzialmente la Francia), ma soprattutto allargando la famiglia europea con più di 50 milioni di nuovi cittadini. Si doveva però attendere fino all’inizio degli anni 2000 perché un esponente di un Paese della penisola iberica arrivasse alla testa della Commissione. José Manuel Durão Barroso fu una vera novità.

In gioventù era stato un acceso rivoluzionario, nel contesto politico di un Portogallo rigenerato dalla cosiddetta “rivoluzione dei garofani”, il colpo di Stato messo in atto contro Caetano da giovani ufficiali dell’esercito. In quegli anni di trasformazione Barroso, poco più che ventenne, era un attivista radicale, uno studente maoista che aveva principalmente due nemici: il capitale e i comunisti con simpatie sovietiche.

Poi avvenne la trasformazione: come ammoniva Charles de Gaulle sui giovani contestatori, l’incendiario rivoluzionario si trasformò in pompiere conservatore. La sua carriera politica. dopo l’iniziale e aderita simpatia per il maoismo si svolse tutta all’interno del partito socialdemocratico (che a dispetto del nome è partito di centro-destra sulla scena portoghese) e, accademicamente, con una collaborazione approfondita con il professor Dusan Sidjanski, un federalista che in seguito sarebbe stato suo consigliere all’interno della Commissione. Fece una carriera politica irresistibile all’interno del partito socialdemocratico, fino a diventare ministro degli Affari esteri del Portogallo e poi infine primo ministro alla vigilia della sua nomina alla Commissione.

Il suo nome non era, come succede spesso, tra i candidati papabili quando si trattò di pensare alla successione di Romano Prodi; fu di nuovo il gioco dei veti incrociati a favorire il quasi sconosciuto portoghese che però poteva godere dell’appoggio del presidente francese Jacques Chirac, della cancelliera tedesca Angela Merkel, e del primo ministro britannico Tony Blair. Tutti e tre apprezzavano Barroso soprattutto per il suo rigore nella gestione dei parametri economici portoghesi. Inoltre, la sua provenienza da una ex dittatura poteva suonare "simpatica" agli occhi dei Paesi dell’est Europa candidati all’ingresso e in piena transizione democratica; infine c’era il fattore “Parlamento europeo”, che si apprestava per la prima volta a giocare un ruolo decisivo nella designazione del presidente della Commissione: un voto vincolante.

Questo fece sicuramente la differenza per Barroso che ebbe l’appoggio del Partito popolare europeo, facendo fuori il liberale belga Guy Verhofstadt, non amato dal Ppe. Valutando i possibili commissari, di nuovo il Parlamento ebbe il pallino in mano: l’Italiano Rocco Buttiglione, ultra-conservatore di destra, venne bocciato dal Parlamento senza appello per le sue posizioni su omosessualità e genere. Superata quella piccola crisi, premonizione di altre crisi a venire, tutto filò liscio nella formazione della Commissione. Ma si trattò di una breve fase iniziale.

Le posizioni di Barroso in campo economico (liberalizzazione sfrenata dei servizi) e la sua impostazione politica federalista (ereditata dal suo maestro Sidjanski), non erano solo un ossimoro, erano anche il motivo per cui le diffidenze cominciarono a manifestarsi sia da sinistra sia da destra. La soluzione per Barroso fu di appiattire l’azione della Commissione sulla linea che il Consiglio rappresentava, soprattutto tramite la sua protettrice principale, Angela Merkel. Questo connubio di fatto tra il maoista portoghese, diventato liberale, e la giovane fisica socialista tedesca orientale, diventata democratica cristiana, ha caratterizzato gli anni del suo mandato, fino al 2012. In quell’anno l’Unione europea ricevette il premio Nobel per la Pace: Barroso lo ricevette visibilmente commosso.

Non ebbe tuttavia mai la forza di imporre il suo punto di vista sui governi, al punto che venne definito non il loro cane da guardia bensì una sorta di cane da compagnia. Competente come burocrate, spesso mancò di decisione e incisività nello sforzo di mettere sempre tutti d’accordo. I due suoi mandati sono di fatto quelli meno “inventivi” e sorprendenti di tutta la serie dei presidenti. Terminato il suo incarico, dopo un paio di anni diventò presidente onorario e consulente della banca Goldman Sachs, mandando certo un segnale inquietante: il maoista era definitivamente morto, il liberale/liberista era perfettamente in salute.

8- continua