Antonio
Patuelli
Dopo infinite ed estenuanti trattative è finalmente un fatto positivo l’accordo fra l’Unione Europea e la Gran Bretagna per Brexit: così viene garantita, da subito, la certezza del diritto nei tanti rapporti fra la Ue
e il Regno Unito e si evitano i conflitti economici e sociali di un’uscita traumatica e disordinata che è stata giustamente evitata. Ue e Regno Unito continueranno inoltre ad essere componenti essenziali dell’Occidente ed alleati nella Nato: il non avere più la Gran Bretagna nella Ue semplificherà a Bruxelles i processi decisionali. Quello della Gran Bretagna nell’Europa unita è stato un grande sogno che ha mobilitato le coscienze in Europa per oltre mezzo secolo, ma sempre con grandi difficoltà: il Regno Unito non fu fra i promotori della Ue, che inizialmente fu costituita da sei Stati continentali. Soltanto dopo anni di crescita di quella che allora era chiamata la “piccola Europa” e dopo negoziati molto complessi, la Gran Bretagna entrò a far parte della casa comune europea, ma sempre con degli accordi particolari per essa stessa, con delle differenze che ne impedivano la piena integrazione nella Ue. Insomma, Londra ottenne dei privilegi entrando tardivamente nella Ue e negoziando in ogni occasione per la propria specificità insulare e statuale. Alla lunga, la crescita della Ue è stata complicata anche da una partecipazione solo parziale di Londra ai progetti di sviluppo. Ora rimane la grande amarezza per un sogno venuto meno, ma bisogna guardare avanti e realizzare una costruttiva, ancorché diversa, collaborazione. L’amarezza della fine di un sogno è accentuata anche dall’uscita della Gran Bretagna dal programma Erasmus che ha finora ben favorito la circolazione dei giovani in Europa e la loro crescita culturale, economica e sociale. Insomma, parafrasando Giovanni Spadolini, ora il "Canale della Manica è più largo", ma il periodo più difficile, dal referendum sulla Brexit a ora, è passato e bisogna costruire l’avvenire della collaborazione competitiva fra Ue e Gran Bretagna.