Venerdì 27 Dicembre 2024
REDAZIONE CRONACA

Le mille vite di Iva Zanicchi: "Feci inginocchiare Fellini e Berlusconi cantò per me"

L’Aquila di Ligonchio da oltre 40 anni in Brianza di Dario Crippa

Iva Zanicchi (AP)

Lesmo (Monza e Brianza), 23 novembre 2014 - Ha vinto tre volte il Festival di Sanremo. Ha cantato in tutto il mondo, la prima italiana al Madison Square Garden di New York o in tournée in Russia quando ancora c’era il Muro. Ha fatto televisione (tanta) e politica. Ha diviso, ha unito. L’Aquila di Ligonchio, come la chiamavano, anche se ormai da più di quarant’anni è stata adottata dalla Brianza, non ha certo perso la voce. Non solo quella che usava per cantare.   

Innanzitutto, perché la Brianza? «Vivo qui dal 1972. Mi ero sposata da poco e mio marito pensava che, visto che venivo da un paesino di montagna, non mi sarei mai adattata alla vita di città». Vero? «Piangevo da mattina a sera, dalla mia casa di Ligonchio c’era una vista magnifica e io a Milano mi sentivo soffocare. E allora abbiamo cominciato a girare e questa a Lesmo è stata la prima collinetta che abbiamo incontrato: mi sono innamorata subito. Ero a 22 chilometri da piazzale Loreto ma attorno a me c’erano alberi, contadini, campi, orti, granturco, passavano le pecore a pascolarci». Non è più così. «Oggi solo attorno a casa mia ci sono 2mila appartamenti... la Brianza era il giardino d’Europa, piena di verde, poi hanno costruito in modo forsennato: i centri commerciali hanno ucciso i negozietti, non ci sono più le osterie dove andavo a mangiare la cassoeula e anche le suore al cui asilo mandavo mia figlia se ne sono andate. Questa terra, che pure non è quella dove sono cresciuta, la sento ormai anche mia e ci sto male...» Nostalgia di Ligonchio? «Quest’anno ci ho passato anche le vacanze per non strapazzare il mio vecchio cagnolino di 16 anni: lì sono goderecci e mangerecci, ogni giorno c’era una festa o una sagra. È inutile, dove nasci il tuo fisico lo sente, al bar giocavo a carte tutte le sere, a scopone scientifico o tressette, ma con gli uomini, che sono più esperti!» A Ligonchio ha iniziato a cantare... «Là finiva sempre con i cori, mia mamma aveva una voce da brivido, una basso naturale che non sfigurava nemmeno con gli uomini nell’osteria». Si dice che anche a Lesmo con suo fratello e sua sorella facevate tremare i muri. «Ah ah... non è vero, e poi il mio compagno non vuole più sentire i nostri canti di montagna perché dice che portano “sfiga”...». Cos’è la musica per Iva Zanicchi? «È stata la mia vita, poi mi sono lasciata distrarre da altre passioni, come la tv e la politica. È il mio lavoro da quando sono piccolina, cantavo ai funerali e ai matrimoni, già da piccola avevo una voce... abbastanza mostruosa». Ma poi fece la tv. «Feci “Ok il prezzo è giusto” per 14 anni... e questo è un male in un paese come il nostro dove devi essere catalogato. Anche nella musica è andata così, sono passata dai canti impegnati (da Theodorakis ai canti ebraici, da Aznavour a Garcia Lorca) alle canzoni per bambini. Non mi è mai stato perdonato. E dire che ero partita con la musica di colore: il blues mi era naturale, andai giù di testa la prima volta che lo sentii. Ma un giorno Lucio Dalla mi incontrò e mi disse: “Sei la più grande delusione della mia vita, pensavo avessimo trovato anche noi una cantante per il jazz e il blues...”. E invece io ero andata Sanremo, dove mi avevano mandata con Claudio Villa: i fan si sentirono traditi». La sinistra la amava... «Ma io di sinistra non sono mai stata, anche se mi avevano preso come una bandiera! Facevo tutte le feste dell’Unità, mi portavano in trionfo, ricordo quando cantaii la mia “Un fiume amaro” duettando con Luciano Lama. E io cosa sono andata a fare?». Cosa? «Andai a cantare al Brancaccio contro il divorzio! Io che non ero neanche contraria... solo che mi chiamò Fanfani e non seppi dire di no. Facevo la cantante e andavo dove mi chiamavano... Immediatamente partì una circolare dalla sede del Pci in cui si intimava che era “assolutamente vietato scritturare la Zanicchi”. Poi con Berlusconi gli ho dato l’ultima botta». Vita difficile per chi non era di sinistra? «La cultura diceva: sei “in” solo se sei di sinistra... Lo fecero anche con Lucio Battisti, ma con me ebbero vita facile, mi hanno massacrata. Me ne sono fottuta, ma ero l’unica. In fondo sono un Capricorno: devi lottare sempre, dalle stelle alle stalle». Pentimenti? «Per nulla, sono contenta della mia vita, mi guardo allo specchio e sono contenta di aver avuto una vita così piena, ho cantato in tutto il mondo: Giappone, Cina, Sudamerica, tanta Spagna. Sono stata la prima cantante italiana a esibirsi al Regio di Parma, il tempio della lirica. E fui la prima italiana a fare una tournée in Unione Sovietica». Già, l’Unione Sovietica... «Non ci era mai andato nessuno. In Russia non mi conoscevano ma avevano una fame incredibile di stimoli: ricordo che a San Pietroburgo andai a fare una passeggiata alle 7 del mattino e c’era già la gente che faceva la fila per il biglietto del mio concerto». Finì anche sulla Pravda, organo di stampa ufficiale del partito comunista. «Ero in un teatro di Mosca, andò via la luce e ci fu detto che bisognava aspettare, c’era solo una leva da alzare ma finché non fosse arrivato l’addetto nessuno avrebbe osato farlo. Dopo minuti di attesa interminabile, andai a vedere il teatro al buio e non c’era più nessuno! In realtà erano tutti seduti zitti in un silenzio di tomba, oltre 4mila persone, pensavo non respirassero nemmeno, mi sono venuti i brividi. In Italia avrebbero sfasciato il teatro. Allora presi il mio chitarrista e attaccai a cantare una canzone napoletana a voce scoperta, senza microfono e al buio: il pubblico reagì con un’ovazione perché avevo dimostrato di avere coraggio. Il giorno dopo anche la Pravda, dove un concerto di musica leggera e per giunta di un cantante straniero non avrebbe mai trovato spazio, decise di scrivere un trafiletto: li avevo conquistati». In pochi se ne sono accorti. «Il mio errore principale è stato quello di non avere un manager forte e, quando ero giovane, di non sapere l’inglese: al Madison Square Garden di New York dopo un mio spettacolo mi chiamò un impresario: il grande Dean Martin mi voleva per il suo show. Solo che non parlavo l’inglese e non se ne fece nulla... Non per niente mi hanno chiamata la cantante delle occasioni perse». Come con Fellini... «Ero in tournée in Calabria quando mi chiamarono per dirmi che il regista mi voleva vedere. Io andavo pazza per lui e i suoi film, era il mio regista preferito, il primo film che avevo visto al cinema quando ero scesa dal mio paesino, dove si proiettavano quasi solo pellicole sulla vita dei santi e le scene di bacio venivano regolarmente tagliate, fu “La Strada”. Insomma, andai a Roma di corsa, tutta scollata perché sapevo che gli piacevano le tette... Mi disse di andare in giro con lui due o tre giorni che mi avrebbe valutato: quello era il suo modo di fare provini. Cercava un’attrice che interpretasse Gradisca per Amarcord: furono giorni fantastici, era gentilissimo, mi chiamava “Zanicchina” con tutto il mio metro e 80 di altezza... finché capii che mi aveva scartata. Per dirmelo, si inginocchiò e mi disse che non potevo essere Gradisca, “hai i tratti troppo nobili”. Effettivamente, con Gradisca avevo in comune solo le tette... ma da allora Amarcord è il mio film preferito». Niente cinema, ma anni dopo fece la tv... «Tutta colpa di Berlusconi, la tv l’ho fatta perché me lo ha chiesto lui. Avevo partecipato a Premiatissima, un varietà con Johnny Dorelli e Ornella Muti: per l’assenza all’ultimo minuto di un comico mi chiesero di raccontare una storiella giusto per riempire il vuoto con l’assicurazione che non l’avrebbero mandata in onda in fase di montaggio... bevvi un whisky per farmi coraggio, io che ero astemia, e lo feci: mi divertii e lo sketch andò così bene che lo mandarono in onda ed ebbe un successo insperato. Mi chiamò allora un dirigente Fininvest per chiedermi di provare a registrare un programma mattutino offrendomi anche una discreta cifra per un mese di lavoro, ma io rifiutai perché ero una cantante». E allora? «Allora mi chiamò direttamente Berlusconi, che all’epoca neppure conoscevo e mi invitò nella sua villa di Arcore. Mio marito si raccomandò di stare attenta, ma lui dimostrò di essere un grande affabulatore, uno capace di vendere gelati al Polo Nord. Insomma, vado a casa sua tosta e scopro una persona straordinaria e affabile, nella sua villa aveva fatto costruire un teatro e mi ci portò: dentro c’era un pianoforte e io...». Credette che le avrebbe chiesto di cantare. «Già, e invece al pianoforte ci si mise lui. Rimase lì almeno mezz’ora a suonare e cantare, fece “La vie en rose“ e tutto il repertorio di Trenet, ed era pure bravissimo!». E alla fine? «Mi fece la sua proposta e io mi ritrovai come Fracchia a dire di sì: il programma fu un successo e da lì feci “Ok il prezzo e giusto” per 14 anni». Amore a prima vista, insomma. «Berlusconi era un uomo veramente straordinario, con una marcia in più e di un’intelligenza incredibile, era uno che, se ne avevi bisogno, trovavi sempre, bastava una telefonata... si occupava di tutto, anche dei costumi delle ballerine, credo con grande piacere». E un giorno le chiese di entrare in politica. «Non ci crederà, ma a spingermi fu un ex sindaco brianzolo. Da ragazzina andavo dalle vecchiette a insegnar loro a votare e per conto del prete le convincevo a votare Dc se non volevano andare all’inferno: e infatti Ligonchio era l’unico paese dell’Emilia dove a vincere era la Dc. Perché allora i preti erano anticomunisti, mica come adesso... e in fondo i partigiani dalle mie parti ne avevano ammazzati tanti». E la sua famiglia? «Papà una volta si candidò con i socialdemocratici, ma alla fine prese solo un voto: nemmeno la mamma lo aveva votato! E quando tornò a casa col fumo che gli usciva dal naso, mia madre lo gelò rispondendogli: “Figurati se vado all’inferno per colpa tua”. Forse anche per risarcire lui sono diventata europarlamentare con Forza Italia». Alle ultime Europee è andata male. Ma andò così anche la volta precedente e poi subentrò come prima dei non eletti... Pronta a tornare? «Beh, ne dovrebbero “morire” due, ci dovrei pensare molto bene ma quella soddisfazione la vorrei avere: per le mie due campagne elettorali ho speso 4.800 euro, e stavolta 18mila, quando c’è gente del mio partito che per farsi eleggere ha speso fino a 2 milioni: io ci ho messo l’anima e il sangue, ho girato nei mercati quando nessun politico osava più andarci». Però... «Avevo contro il mio stesso partito, e questo non lo posso digerire, quei pochi che mi sostenevano sono stati invitati a desistere. “Non abbiamo bisogno di Iva in Europa” gli dicevano. Essere incazzati è dir poco però ho la soddisfazione che Berlusconi dopo le elezioni mi ha chiamata subito per ringraziarmi e riconoscere che i 30mila voti che avevo preso erano tutti miei. E basta». In Europa... «Ho avuto vita dura: mi snobbavano perché ero una cantante. Poi un giorno vado a Dublino per un congresso del Ppe e sul palco sale Bono degli U2 che fa un discorso durissimo: ebbe un’ovazione. E allora ho detto: visto che anche se sei un cantante puoi fare politica? Devi affidarti solo ai politici di mestiere che hanno portato questo Paese alla deriva?». Forza Italia non se la passa bene, però. «È come un fiume che strada facendo getta l’acqua in mille rivoli: Forza Italia è così, ci sono uomini di valore ma bisogna avere coraggio. Il problema non è Berlusconi, ma la gente che ha attorno...». E Renzi? «In tempi non sospetti dissi che tutte le donne di Forza Italia erano innamorate di lui, mi piacciono il suo spirito giovanile, la grinta, le doti da affabulatore anche se non sono come quelle di Berlusconi. Ora però ha una vita difficile, ha nemici acerrimi e feroci all’interno del suo stesso partito, mi ricordo gente del Pd all’Europarlamento che non lo sopportava e ora finge di essere dalla sua parte ma che gli si rivolterà contro appena avrà un cedimento: i Comunisti ci sono sempre e hanno la falce nel cuore... come possono sopportare uno come Renzi che la domenica va in chiesa?». Ha senso continuare a parlare di Comunisti? «Hanno ancora potere, se non sei dei loro in Emilia non puoi lavorare». La canzone a cui è più affezionata? «La prima che mi diede un discreto successo, “Come ti vorrei”: ero alla stazione centrale di Milano, in lacrime perché alla Siae mi avevano appena detto che non vendevo e io, che ero agli inizi, ero disperata... all’improvviso l’ho sentita fischiettare da un facchino: gli andai dietro per un po’ a sentirlo, avrei voluto abbracciarlo!». Progetti? «Sto scrivendo un libro autobiografico e poi tv, teatro e un film al cinema». La felicità per Iva Zanicchi? «Mi emoziona la primavera e quando arriva la prima neve... e mi chiedo se ne vedrò ancora un’altra...». [email protected]