Roma, 23 maggio 2023 – Carta canta. Il database dell’Eswr (European severe weather database), centro di ricerca tedesco, certifica senza alcun dubbio la crescita progressiva degli eventi meteo estremi in Italia: in un anno del +73% considerando forti piogge, forti grandinate, trombe d’aria, tempeste di vento, tornado/forti temporali, forti nevicate/tempeste di neve.
Erano 276 tra il primo gennaio e il 21 maggio 2022, sono 477 nello stesso periodo del 2023. Particolarmente rilevante l’aumento delle tempeste di vento, passate da 88 a 162, come dire praticamente raddoppiate. Considerando solo forti grandinate, piogge intense e tornado (questi ultimi due ben 233), in un solo anno, sempre nel periodo primo gennaio-21 maggio, si è passati da 183 a 313 eventi. È un aumento del 171%. Nel 2022 gli eventi estremi in italia (trombe d’aria, forti piogge, forti grandinate, trombe d’aria, tempeste di vento, tornado/forti temporali, forti nevicate/tempeste di neve) sono stati globalmente 3.074, a fronte di 1.952 nel 2021.
Guardare il trend non rassicura affatto. Cinque anni fa, nel 2018, gli eventi estremi erano stati, sempre nel periodo in esame, 221, mentre 10 anni fa, nel 2013, ne erano stati riscontrati 146 (con soli 19 casi di tempeste di vento): rispetto ad allora, quest’anno c’è stata una crescita del 328%. Senza parole. Da notare che a questo vanno aggiunte le ondate di calore, che poi sono quelle che fanno più morti, come certifica l’atlante dell’Onu su mortalità e perdite economiche per eventi estremi, che stima come in Europa (soprattutto a causa delle ondate di calore) le morti aggiuntive siano state in 50 anni 166.492.
“La progressiva crescita degli eventi estremi – osserva la climatologa Paola Mercogliano, ricercatrice del Centro Euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici – è stata prevista da molti anni nei nostri modelli, ed è rilevante perché si passa da stime previsionali e rilevazioni effettive dell’aumento della temperatura e della concentrazione dei gas serra alle conseguenze pratiche: un aumento notevole degli impatti. Qualcosa che tutti noi sperimentiamo, con effetti rilevanti: forti danni economici, devastazione ambientale e lutti".
“Per questo motivo è sempre più indispensabile, mentre si lavora sulla mitigazione, cioè sul taglio delle emissioni dei gas serra, procedere anche all’adattamento ai cambiamenti climatici, realizzando opere per aumentare la protezione da eventi idraulici, da frane, ondate di calore, e per proteggere i settori a più forte rischio come agricoltura, infrastrutture e turismo. Occorre anche fare di più per aumentare la consapevolezza della popolazione, che deve sapere cosa fare in caso di eventi estremi ed essere informata in tempo reale del rischio. Ad esempio, sarebbe molto utile estendere l’uso di sistemi di allerta sui telefonini connessi in una certa area, che specialmente in caso di alluvioni possono fare la differenza tra la vita e la morte. La tecnologia c’è, usiamola sistematicamente. Perché nei prossimi dieci anni, anche se fossimo molto virtuosi a tagliare le emissioni, il che è tutto da vedere, dovremmo a fronteggiare un alto numero di eventi estremi, come già abbiamo riscontrato negli ultimi anni".
Chiarissimo anche su questo è il sesto rapporto l’Ipcc, il panel di scienziati incaricato dalle Nazioni Unite di studiare il cambiamento climatico: "La frequenza e l’intensità delle temperature estreme, sono aumentate negli ultimi decenni e si prevede che continueranno ad aumentare indipendentemente dallo scenario delle emissioni di gas serra. Le soglie critiche per gli ecosistemi e gli esseri umani dovrebbero essere superate in caso di riscaldamento globale di 2°C e superiore". Attualmente siamo a +1.2° e gli +1,5° (la prima soglia, quella ottimale, fissata alla conferenza di Parigi) potrebbero essere raggiunti nei prossimi 5 anni. I due gradi, che innescherebbero eventi estremi ancora più rilevanti potrebbero essere superati nella seconda metà del secolo, se non taglieremo le emissioni del 100% raggiungendo la neutralità climatica al 2050.
Evitare i 2 gradi è un obiettivo possibile, volendo, ma del quale per ora siamo ben lontani per la refrattarietà della politica a prendere impegni vincolanti. E così la crisi climatica avanza e ci presenta il conto. Oltretutto, il Mediterraneo è considerato un hotspot (un punto sensibile) della crisi climatica. Come ad esempio l’Artico è uno dei luoghi del pianeta nei quali il cambiamento climatico è più forte.
“A fronte di un riscaldamento medio mondiale di 1.1 gradi – osserva Mercogliano – in Italia il riscaldamento è stato di 1.3 gradi, con innalzamento delle temperatura del mare anche di 6-8 gradi sopra la norma, il che provoca più evaporazione, più umidità in aria e poi, quando arriva l’aria fredda, provoca condensazione e precipitazioni molto più intense. E’ come se il “serbatoio“ in aria fosse più grande, e quindi la quantità di acqua scaricata sul territorio è maggiore". E si è visto che effetti provoca. Una bomba d’acqua sulle nostre vite.