La Difesa europea riparte da Parigi. Si apre una settimana cruciale con due importanti vertici del cosiddetto fronte dei “volenterosi”, quegli Stati al fianco di Kiev pronti a una missione di peacekeeping una volta raggiunta la pace tra Russia e Ucraina. Al tavolo parteciperanno i membri dell’E5, il cuore della difesa europea composto da Polonia, Francia, Germania, Italia e Regno Unito, ai quali non è escluso possano aggiungersi rappresentanti di altri Paesi. Intanto proprio l’Italia starebbe studiando un piano per il reclutamento di 40mila nuove riserve militari da impiegare nei casi di emergenze. “La consistenza delle forze armate è fissata da una legge. Non ho problemi a dire, come ho già detto più volte, che quel modello ormai è inadeguato e va cambiato”, ha scritto proprio ieri lo stesso ministro Guido Crosetto. Gli incontri prenderanno il via già domani con il vertice, sempre a Parigi, tra i rispettivi capi di Stato Maggiore della Difesa, compreso quello italiano, il generale Luciano Portolano. A seguire, il giorno successivo, ci sarà la riunione dei ministri nell’antica abbazia reale di Val-de-Grâce, a Parigi, il tema principale sarà quello di una eventuale missione di peacekeeping. Alla quale comunque l’Italia ribadirà di voler partecipare solo su mandato Onu.

L’imperativo categorico dal nord al sud Europa è rafforzare la sicurezza per ora declinata in un carosello di cifre e progetti in attesa di una certificazione mentre gli Stati Uniti dell’eratrumpiana si sfilano.
Gianandrea Gaiani, direttore del sito web specializzato ’Analisi difesa’ ed esperto di sicurezza e geopolitica, è fattibile il progetto di inserire nelle Forze armate 40mila uomini in più?
"Servono tempi lunghi. E va messo in conto un forte aumento di costi su personale, nuovi armamenti e nuove caserme”.
Si trovano 40mila uomini?
“Non sarà facile. Da dieci anni a questa parte ci sono difficoltà di arruolamento in tutto l’Occidente. Anche in Marina abbiamo una dotazione di navi di prim’ordine ma manca il personale. Il Regno unito è ai minimi storici”.
Dobbiamo rimettere in pista il servizio di leva?
«Per l’Italia è una strada impraticabile, non si torna indietro dall’esercito di professionisti. Poi i giovani di leva oggi non sarebbero in grado di gestire i sistemi complessi in dotazione alle Forze armate».
E allora che si fa?
“A mio parere bisogna allestire un sistema di riservisti adeguatamente retribuiti e richiamati ogni anno per un aggiornamento”.
Circa 40 mila uomini in più, come chiesto dal capo di Stato maggiore dell’Esercito Carmine Masiello, consoliderebbero le nostre Forze armate?
“Se parliamo di truppe per un possibile conflitto convenzionale sì. Ma servono anche ingenti quantitativi di munizioni che oggi non abbiamo, anche perchè gli arsenali sono stati sguarniti per assistere l’Ucraina”.

Che settori si potrebbero potenziare?
“Certamente la fanteria leggera, la fanteria meccanizzata, i reparti corazzati, la difesa aerea ravvicinata. E visti i nuovi scenari servono uomini addestrati per la gestione dei droni, della guerra elettronica e della difesa cyber”.
Come siamo messi ad armamenti?
“Oltre a una massiccia dotazione di proiettili servono certamente missili per la difesa aerea. Ora sono disponibili 150 carri armati Ariete, non tutti operativi, di cui 100 sono in via di ammodernamento mentre la joint venture tra Leonardo e Rheinmetal tedesca consentirà di realizzare in Italia 240 carri armati Panther e 600 mezzi corazzati da combattimento Lynx”.
Siamo in grado di produrre più armi in Italia?
“Tutte le aziende del settore stanno già sviluppando diversi programmi, anche in cooperazione con altri Paesi. Solo per citarne alcuni, l’esercito ha ordinato lanciarazzi campali Himars e sistemi di difesa aerea Skynex, la Marina riceverà nuove navi e sottomarini e l’aeronautica altri 25 velivoli F35, che si aggiungono ai 90 già ordinati, e 24 Typhoon che rimpiazzeranno i velivoli più vecchi in una flotta di 93 aerei”.
L’Europa può garantire la propria sicurezza senza gli Usa?
“Può consolidare la sicurezza potenziando le capacità di deterrenza soprattutto nella difesa aerea multistrato, vale a dire sulle quote basse, medie e alte contro aerei, droni, elicotteri e missili. Ma l’Europa, come ha detto anche Ursula Von der Lyen, deve investire nei prodotti delle aziende europee anziché fare acquisti altrove, Stati Uniti compresi”.