Roma, 3 maggio 2018 - Forse, nei prossimi decenni, l’Italia starà ancora nel club dei grandi Paesi industrializzati. Sicuramente, però, sarà un Paese più piccolo, ristretto, meno popolato. Il pronostico è dell’Istat. L’Italia si sta rimpicciolendo, tanto che da qui al 2065 gli italiani residenti scenderanno a 54,1 milioni. Calcolato che l’anno scorso eravamo 60,6 milioni, il danno per il sistema Paese è evidente. Certo, perché tra il 2045 e il 2050 gli ultrasessantacinquenni raggiungeranno il picco, rappresentando il 34% della popolazione totale. L’Italia non solo si spopola, ma invecchia. E considerato che l’aspettativa di vita aumenterà di cinque anni – portando gli uomini a 86,1 anni e le donne a 90,2 – ecco che sul quadro dal punto di vista socio-sanitario e economico si proiettano più ombre che luci. Questa curva demogradfica significa maggiore necessità di cure e assistenza, più pensionati a carico del sistema pubblico e, di contro, meno forza lavoro giovane e meno competitività.
I NUMERI - Il rapporto dell’Istat sul «futuro demografico del Paese» presenta proiezioni che partono dall’attuale trend. È appena del 9% la probabilità che tra l’anno scorso e il 2065 la popolazione possa aumentare. Tutto il resto è decrescita. Nel 2045, saremo calati relativamente di poco: gli italiani residenti saranno 59 milioni. Ma, venti anni dopo, i numeri saranno da allarme sociale perché quella previsione di poco più di 54 milioni di residenti sta all’interno di una forchetta che vede il minimo fissato a 46,4 milioni contro un massimo – ipotesi remotissima – di 62 milioni.
SORPRESA IN CULLA - Le coppie torneranno a procreare, tanto che la fecondità, oggi fissata a 1,34 figli, salirà a 1,59. Ma tutto questo non basta. Già, perché il saldo fra nati e morti diventerà impietoso e arriverà a un disequilibrio tale per cui i decessi doppieranno le nascite. Nel medio-lungo termine, il saldo naturale segnerà meno quattrocentomila (-400.000 se il numero rende meglio delle parole).
SUD SPOPOLATO - Il Centro-nord inizierà a fare i conti con l’emorragia demografica dal 2045, il Sud da subito. Il risultato fotografa un’Italia da Anni Sessanta, con la tradizionale – ancorché drammatica – migrazione della speranza dal Mezzogiorno d’Italia alla locomotiva Nord: il Centro-nord, nel 2065, ospiterà il 71% dei residenti (oggi è il 65%) contro il misero e preoccupante 29% del Sud.
MIGRANTI BENVENUTI? Come vedremo tra quarant’anni lo straniero? Risorsa o minaccia? L’Istat dà solo i numeri: nei prossimi 50 anni, nel Belpaese arriveranno 14,6 milioni di immigrati. Letto così il dato fa rumore. Eppure, i flussi – già oggi in calo – scenderannon ulteriormente da una media attuale di 337mila ingressi l’anno a 271mila nel 2065. Ma, oltre le statistiche, c’è una realtà fatta di leggi e regole, di fattori socio-economici in evoluzione, di guerre. Tutto ciò colloca le stime dell’Istat nella dimensione dell’imponderabile. Ecco, quindi, che l’Istituto di statistica avvisa che sul capitolo immigrazione tutto può accadere. Ma per l’Italia il declino è segnato.