Festini a base di cocaina e sesso in cui sarebbe stata coinvolta almeno una minorenne: l’inchiesta cosiddetta di 'Villa Inferno', della Procura di Bologna, ha acceso i riflettori su un tema da sempre caldo – quello dell’uso di sostanze stupefacenti –, forse a volte troppo trascurato. E che non si limita certo a una sola città. Lo sottolinea Gianfranco Bernabei, questore di Bologna, il quale spiega: "Quella contro la droga è la madre di tutte le nostre battaglie. Eppure, nell’opinione pubblica il senso di questo impegno talvolta si smarrisce".
Villa Inferno, altre case nel mirino. La Bologna bene trema
Questore, assumere stupefacenti è una 'questione privata'?
"Al contrario: gli aspetti e i risvolti sociali di questa pratica sono moltissimi. Si pensi alle conseguenze sulla criminalità: dal traffico di droga, con grandi afflussi di denaro nelle casse delle organizzazioni criminali, allo spaccio di piazza, fino ai reati di consumo: scippi e furti per racimolare i soldi per le dosi, rapine nelle farmacie. Anche le aggressioni più violente sono quasi sempre strettamente connesse all’uso di droghe. Per non parlare degli incidenti stradali".
Ne parli, invece.
"Durante i nostri controlli del sabato sera per cercare di contrastare le stragi in strada nel weekend, rileviamo un numero incredibile di persone positive all’alcol e alle droghe, cocaina soprattutto. Nonostante la gravità di un problema sociale tanto diffuso, però, paradossalmente si registra una certa indifferenza a riguardo nell’opinione pubblica. Una sorta di assuefazione".
Cosa dovrebbe cambiare, secondo lei?
"Ora ci si muove quasi solamente sul fronte della repressione da parte delle forze di polizia, mentre poco o nulla si fa sulla prevenzione, per ridurre la domanda. Se invece ci fossero mirate campagne di prevenzione del rischio, credo registreremmo un miglioramento. Altrimenti i nostri sforzi, pur importanti, rischiano di essere vanificati dal continuo aumento della richiesta".
La cocaina è ricercata soprattutto dai manager?
"No, ormai è trasversale. Anche se si può dire che tra gli assuntori ci sono anche persone che si ritengono socialmente integrate, professionisti o imprenditori estranei al circuito della criminalità di strada. La cocaina è nata come droga dei vip, forse questo le ha attribuito un certo glamour, ma sarebbe anacronistico ridurla a sostanza da ricchi: l’uso è ben più diffuso. Ed è preoccupante quanto si stia abbassando l’età dei primi assuntori".
Molti ragazzini?
"Anche, stando alle nostre analisi su strada, ai dati dei Sert (Servizi per le tossicodipendenze, ndr) e agli accessi ai Pronto soccorso. Qui, il numero di accessi per abuso di sostanze è inquietante. La popolazione in cura è solo la punta dell’iceberg".
C’è chi invece punta alla liberalizzazione: droghe in farmacia. Che ne pensa?
"Sono profondamente contrario. In quel modo, i piccoli benefici sul fronte del contrasto alla criminalità sarebbero vanificati dai danni alla salute della società civile, che rischierebbe di finire composta da persone dipendenti".
Come sostenere la vostra attività, dunque?
"Con un impegno maggiore nella prevenzione, magari a scuola o con campagne di cultura della legalità. E servizi su strada di contenimento del danno e di sostegno ai consumatori noti. L’impiego di risorse sarebbe ripagato da ottimi ritorni sul fronte del contrasto".