Venerdì 22 Novembre 2024
LORENZO GUADAGNUCCI
Cronaca

Intelligenza artificiale, l’esperto: "Una rivoluzione come la pila di Volta. Evitiamo catastrofismi"

Tomaso Poggio, dell’Artificial Intelligence Laboratory al Mit di Boston: "L’impatto sull’occupazione è il rischio a medio termine. Ma bisogna studiare queste macchine per riuscire a governarle".

L'Unione Europea sarà la prima ad avere una legge sull'intelligenza artificiale

L'Unione Europea sarà la prima ad avere una legge sull'intelligenza artificiale

Roma, 11 dicembre 2023 – All’orizzonte non ci sono Terminator mascherati da algoritmi, ma l’intelligenza artificiale è davvero destinata a cambiare il nostro mondo e Tomaso Poggio, professore al Mit di Boston, una carriera da studioso del cervello, ma anche fondatore delle neuroscienze computazionali, insomma un pioniere nello studio delle intelligenze (al plurale), indica nell’esplosione della disinformazione il rischio più immediato. E invita a riflettere sul fatto che ancora non conosciamo davvero ciò che chiamiamo intelligenza artificiale. Tomaso Poggio ha dedicato a questa rivoluzione un libro, Cervelli Menti Algoritmi (Sperling & Kupfer, scritto con Marco Magrini).

Professore, dobbiamo avere paura?

"Certi allarmi per eventi catastrofici, o per macchine che vogliono dominare il genere umano, mi sembrano francamente esagerati. Certo, i programmi basati sui Large Language Models, tipo ChatGPT, sono potenti e cambieranno le nostre società e le nostre stesse vite in modo profondo. Quindi è giusto occuparsene per limitare i rischi, ma dovremo anche capire come collaborare con questi sistemi intelligenti, come distribuire equamente i benefici che procureranno, come gestire la fase di transizione. Evitando di abbandonarsi a scenari catastrofisti".

Il cambiamento è paragonabile ad altre fasi storiche?

"Un parallelismo è possibile con l’avvento dell’energia elettrica. Quando Alessandro Volta, nel 1800, rese nota l’invenzione della pila, diede il via a una serie di invenzioni – generatori, motori, il telegrafo – che cambiarono il modo di vivere. Poi sarebbe venuto tutto il resto: la radio, la televisione, Internet, la stessa intelligenza artificiale. Oggi stiamo assistendo a un cambiamento analogo, se non più grande: per la prima volta ci confrontiamo con forme di intelligenza diverse dalla nostra".

Lei ha seguito fin dall’inizio la ricerca in questo campo. Che cosa l’ha sorpresa di più?

"Forse il fatto che l’idea di sviluppare l’intelligenza artificiale attraverso le “reti neurali”, quindi con l’apprendimento da esempi, invece che programmando le macchine, non è venuta dagli informatici, ma dalla neuroscienza. Poi, negli ultimi anni, l’esplosione dei sistemi di Large Language Models si è in qualche modo allontanata dal modello neurobiologico del cervello umano".

Il cervello umano è in grado di reggere questi ritmi?

"Diciamo che abbiamo di fronte un artefatto intelligente ma non sappiamo bene come funzioni. Manca una teoria che ci permetta di capire e spiegare il machine learning, il sistema di apprendimento. Anche qui l’esempio di Volta può tornarci utile. Lui inventò la pila, ma inizialmente non si riuscì a darne una spiegazione teorica e matematica, il che non impedì di realizzare strabilianti applicazioni. Solo 65 anni dopo Clerk Maxwell, con le sue equazioni, dimostrò che all’origine di tutto c’era l’elettromagnetismo. Col deep learning, potremmo essere in una situazione simile: funziona, ma non sappiamo ancora bene perché. Prima o poi comunque lo capiremo e ci sarà una teoria matematica del machine learning".

Quali sono a i pericoli più incombenti legati alla diffusione così rapida dell’intelligenza artificiale?

"A medio termine direi l’impatto sull’occupazione, a breve termine la disinformazione. Quest’ultimo è un punto molto critico. Oggi i sistemi generativi possono produrre, per dire, un numero infinito di quadri nello stile di Picasso e distinguere il vero dal falso diventa quasi impossibile, se non per degli specialisti. E la stessa cosa vale per un testo, un’immagine, un video. Oltretutto, d’ora in poi ChatGPT e le altre applicazioni si “alleneranno” su una base di dati che comprenderà anche i loro prodotti e il pericolo di perdere il controllo sulla “verità” delle cose sarà sempre più alto".

In che modo si può agire?

"Un intervento possibile è la regolamentazione. L’Unione europea, per prima, si è mossa in questa direzione. Potrebbe fare scuola. La legge europea prevede anche alcuni divieti per certe applicazioni giudicate molto pericolose, ma l’obiettivo, in generale, dovrebbe essere la responsabilizzazione delle grandi aziende del settore, creando una situazione nella quale non possano lavarsi le mani di fronte a questi problemi".

Con Marco Magrini chiudete il libro dicendo che siete entrambi nonni preoccupati per il futuro dei vostri nipoti e della loro generazione. Che cosa c’è da aspettarsi?

"Stiamo attraversando un’epoca che potrebbe rivelarsi molto importante per l’umanità. Avere un’altra specie intelligente accanto a noi potrebbe cambiare moltissimo le nostre aspirazioni, per esempio nella scienza e nella ricerca. Se saranno dei sistemi, da noi stessi costruiti, a spiegarci certe cose che altrimenti non capiremmo, ecco, sarà un mondo… strano. Grazie a questi sistemi forse potremo realizzare cose che pensavamo impossibili, o risolvere problemi enormi e in apparenza insolubili; d’altra parte potrebbe cambiare la percezione di che cosa significa essere umani, e non so bene che cosa questo potrebbe comportare per i nostri nipoti. Da un lato è una prospettiva eccitante, ma certo potrebbe trattarsi, per le persone, di un mondo molto diverso rispetto ai diecimila anni passati. La nostra preoccupazione, inoltre, riguarda la crisi climatica in corso: la loro vita futura sul pianeta Terra sarà diversa da quella che abbiamo vissuto noi. Dobbiamo scongiurare che diventi troppo diversa".

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