Roma, 12 novembre 2023 – Indy Gregory ha superato da sola una crisi. “Ieri dopo l’estubazione ha smesso di respirare. Poi la piccola guerriera si è ripresa e sta lottando, assistita con amore e coraggio da mamma e papà”. Lo scrive su X Simone Pillon, il legale che ha seguito in Italia la famiglia della bambina inglese, che il 6 novembre ha avuto la cittadinanza italiana. “Durante la notte ha avuto stress e affaticamento. I genitori vorrebbero soluzioni diverse. Preghiamo e lavoriamo”.
"Sta lottando duramente”, avrebbe detto il papà della piccola affetta da una patologia mitocondriale grave e giudicata alla fine della sua breve vita, secondo quanto viene riportato dalle associazioni vicine alla famiglia, come l’italiana Pro Vita. Pillon spiega cosa prevede il protocollo in questo caso. La fornitura di ossigeno alla bimba è “a tempo determinato”. Oltre alla sospensione delle cure c’è il “divieto di rianimazione in caso di crisi”.
Dall’ospedale all’hospice, senza macchinari
Ieri la piccola è stata trasferita dal Queen medical center di Nottingham, dove era stata curata in questi mesi, a un hospice: qui il personale ha spento i macchinari che aiutavano la piccola a sopravvivere, in esecuzione di una sentenza del tribunale che di fatto imponeva lo stop al supporto vitale. Così hanno deciso i medici britannici, convinti di agire nell’interesse della minore e legittimati in più occasioni dai giudici. Più volte infatti le istanze contrarie dei genitori sono state respinte, tra cui quella che chiedeva il trasferimento della neonata al Bambin Gesù di Roma, disponibile ad assisterla fino alla fine.
“Non comprendiamo la decisione – ha dichiarato il leader di Noi moderati, Maurizio Lupi -, contro il volere dei genitori e sapendo che un altro ospedale si era proposto per curarla con terapie sperimentali. Una scelta discutibile e incomprensibile per chi considera la vita un valore assoluto da difendere”.
Si era offerto il Bambin Gesù, “uno dei migliori ospedali pediatrici al mondo", ha scritto sui social Eugenia Roccella, ministro della Famiglia. Che in un’intervista al Corriere della Sera si è detta convinta che il punto fondamentale della vicenda è “la libertà di cura. E il concetto della second opinion. Quello che chiedevano i genitori di Indi era questo, poter avere un altro parere medico e di poter scegliere il percorso di cura”.
"La Gran Bretagna – ribadisce Pillon – non sta rispondendo alle richieste formali avanzate dall’Italia sulla base della Convenzione dell’Aja. Quindi, di fronte a questa mancanza di collaborazione, si dovranno attivare altre procedure. Stiamo parlando di una frizione tra due ordinamenti sovrani. Per cui si rende necessaria una composizione, o sul piano diplomatico o sul piano giudiziario. Gli organismi sovranazionali sono le Corti europee. Ma insistiamo sempre su un principio di base: serve collaborazione”.
"Stiamo assistendo impotenti alla condanna a morte della piccola Indi. L'Italia ha fatto di tutto, ma la mancanza di umanità da parte della giustizia inglese ha deciso di togliere ai genitori la possibilità di far curare altrove e dare anche una sola speranza di vita alla loro piccola figlia. Siamo davanti ad un precedente terribile e non sappiamo se un caso simile si ripeterà", ha dichiarato Simonetta Matone, deputata della Lega ed ex sostituto procuratore per i minori.
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