Martedì 16 Luglio 2024

Indi Gregory, Pillon: “Stop ai supporti vitali rinviato, domani udienza in Corte d’Appello”

Lo annuncia sui social il legale italiano della famiglia. L’ultima pronuncia del giudice aveva negato anche la possibilità di gestire il fine vita a casa. Ma il medico di Welby: “L’Italia è il Paese delle vane speranze”

Bimba inglese malata. Oggi lo stop alle cure, il ricorso dei genitori:: "La porteremo in Italia"

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Roma, 9 novembre 2023 – E’ rinviato il distacco dei sostegni vitali per la piccola Indi Gregory, ricoverata a Nottingham. Lo annuncia su X il legale della famiglia, Simone Pillon, spiegando che domani alle 12.00 “ci sarà un’udienza in Court of Appeal”. Nel frattempo sono state “attivate dall’Italia le procedure ex artt. 9 e 32 della Convenzione dell’Aja. I genitori di Indi - scrive Pillon - ancora ringraziano di cuore l’Italia per quello che sta facendo. La speranza divampa”.

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Papà Dean aveva spezzato il silenzio dopo una notte lunga e drammatica. Avrebbero potuto essere le ultime ore che tenevano la figlia, la piccola di 8 mesi Indi Gregory, attaccata alla vita. Lo stop ai trattamenti vitali, che si sarebbe dovuto concretizzare oggi alle 14 (15 ora italiana) al Queen's Medical Center di Nottingham dove si trova ricoverata, è stato prima prorogato di 2 ore poi rinviato a domani

La battaglia dei genitori di Indi Gregory

I genitori della neonata inglese affetta da una rara malattia del Dna mitocondriale, per la quale è stata disposta l'interruzione dei supporti vitali, non si arrendono. "Lei merita una possibilità", aveva spiegato Gregory alla Bbc, dopo l'ultima pronuncia del giudice che ha negato ieri anche la possibilità di gestire il fine vita a casa, in quanto ritenuto non nel miglior interesse della bambina e "quasi impossibile" da realizzare al domicilio senza rischi di complicazioni. La famiglia farà appello, come spiegato dal Christian Legal Centre, che li sostiene. Ma il tempo è poco. Ma il papà obietta: "Ha un Paese che si offre di pagare per tutto: dobbiamo solo portarla lì, così non costerà nulla all'ospedale o al governo".

La cittadinanza italiana alla piccola Indi

La famiglia Gregory aveva fatto richiesta di trasferimento della piccola in Italia, dove l’ospedale pediatrico vaticano Bambino Gesù si è reso disponibile ad assisterla. Dopo che l’Alta corte britannica ha respinto l’istanza, il governo italiano ha concesso con un Cdm convocato d’urgenza la cittadinanza alla bambina, con la convinzione che questo possa aiutare i Gregory nella loro battaglia legale. “Pensiamo che sia nel miglior interesse di Indi venire in Italia per ricevere le cure che potrebbero aiutarla a respirare, aprendo una valvola attraverso l'impianto di uno stent, per poi poterci concentrare sulla sua malattia mitocondriale che può essere trattata con queste terapie. Sappiamo che Indi è una combattente, lei vuole vivere, e non merita di morire. Grazie”, ha detto il padre in un video trasmesso da La7, ringraziando l'Italia per il suo impegno.

Intanto i medici, riporta la Bbc, hanno detto al giudice che Indi era attualmente "chiaramente angosciata, agitata e dolorante" e che, pur potendo l'estubazione avvenire ovunque in teoria, le sue cure successive dovrebbero essere "gestite da professionisti qualificati con risorse a disposizione per affrontare le complicazioni e ridurre al minimo il disagio". La motivazione è dunque questa. "Tutti pensano: 'perché non la lasciano andare?'. Non hanno nulla da perdere", riflette Dean Gregory che si è detto sicuro del fatto che se Indi avesse avuto il permesso di viaggiare in Italia, avrebbe potuto essere salvata.

Keith Girling, direttore medico del Nottingham University Hospitals (Nuh) Nhs Trust ha dichiarato di essere consapevole del fatto che "è un momento incredibilmente difficile per Indi e la sua famiglia, e i nostri pensieri sono con loro oggi. A seguito della decisione dell'Alta Corte, la nostra priorità - ha assicurato - rimarrà quella di fornire alla bambina cure specialistiche adeguate alle sue condizioni e in linea con le indicazioni della corte, sostenendo la sua famiglia in ogni modo possibile".

La richiesta urgente del console italiano

Il console italiano a Manchester, Matteo Corradini, in qualità di giudice tutelare della bambina di 8 mesi, ha presentato questa mattina una richiesta urgente all’Alta Corte del Regno Unito, ai sensi della Convenzione dell’Aja, nel tentativo estremo di impedire la sospensione dei trattamenti che tengono in vita Indi Gregory. 

Le parole dei vescovi italiani

Il caso della bambina scuote le coscienze di tutti. E non possono non richiamare il suo caso le parole dei vescovi italiani. La vita è sempre degna di essere vissuta, anche quando la persona sembra più fragile, questo il richiamo della Cei. “La vita dei malati e disabili gravi viene giudicata indegna di essere vissuta, lesinando i supporti medici e arrivando a presentare come gesto umanitario il suicidio assistito o la morte procurata”. Quella dei genitori di Indi è l’ennesima battaglia giudiziaria che si consuma nel Regno Unito sulla sopravvivenza di un bambino malato, come era già accaduto per Charlie Gard e Alfie Evans

Le parole del medico di Welby

Ma il medico di Welby lancia una provocazione: “La vita è un bene?”, si chiede. Mario Riccio, consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni, ex responsabile di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale di Casalmaggiore, è noto alle cronache per essere stato colui che staccò la spina a Piergiorgio Welby e per aver ha seguito il primo suicidio assistito in Italia. In una nota, il medico rivendica non solo il diritto di scelta ma la necessità di risposte concrete da parte del Governo anche a seguito degli ultimi episodi di cronaca che hanno visto Indi Gregory protagonista. “L’Italia è il Paese delle vane speranze, noto al mondo per le vicende pseudo sanitarie. Di Bella, Vannoni, Stamina, potevano evitare una nuova ribalta in materia di vane speranze di cura – puntualizza -. Per Indi non potrebbe servire neanche l’immediata disponibilità offerta dall’ospedale pediatrico della capitale dopo che alla piccola è stata riconosciuta la cittadinanza italiana. Ma la vita è comunque un bene? - prosegue -. Se sì, Sibilla Barbieri è stata costretta ad andare in Svizzera per trovare la morte che desiderava e che sarebbe stato suo diritto trovare in Italia ma ha incontrato un’insensata resistenza della sanità regionale laziale, nella sua richiesta di suicidio assistito, nonostante abbia dimostrato, forse meglio di tante perizie e controperizie, la sua penosa condizione. Ma oltre il singolo caso, dobbiamo purtroppo ancora una volta sottolineare il silenzio del Governo e l’inerzia del legislatore, già richiamata dalla Consulta in occasione della sentenza DJ Fabo-Cappato”, conclude il medico.

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