Bolzano, 25 novembre 2024 – Ci sono responsabilità nella morte di Matilde Lorenzi? La procura di Bolzano ha archiviato l’inchiesta sull’incidente in allenamento costato la vita alla giovani sciatrice azzurra. Ma sulla vicenda adesso accende un faro il Consiglio superiore della magistratura. Il consigliere del Csm Ernesto Carbone ha depositato la richiesta per l’apertura di una pratica allo scopo di accertare la correttezza e completezza dell’indagine condotta dai magistrati di Bolzano.
“La Procura di Bolzano – scrive Carbone nell’atto – ha provveduto a chiudere le indagini in modo sbrigativo, nel giro di poche ore, non ravvisando alcuna responsabilità penale nella vicenda, che, invece, come si apprende da fonti di stampa, presenta numerosi aspetti poco chiari”. E qui Carbone elenca quelli che sarebbero i punti deboli del lavoro svolto dalla procura.
- "Le indagini sono state chiuse sulla base di un rapporto dei carabinieri nel quale si dichiara che la pista era dotata di protezioni”. Ma le fotografie scattate dall’alto immediatamente dopo l’incidente sulla pista Grawand G1 del ghiacciaio della Val Senales, mostrano che, “nel luogo in cui la sciatrice si trovava adagiata nel dirupo a seguito della caduta, mancavano reti di protezione a dividere la pista di allenamento dal fuori pista non battuto”.
- Si evidenzia anche che “tra le porte pit esterne e il bordo pista la distanza era minima e che le condizioni di sicurezza erano del tutto inadeguate per l'allenamento degli atleti”. "Perché – si chiede il consigliere del Csm – la Procura non ha condotto alcun accertamento in merito a responsabilità legate alla posizione e alle caratteristiche del tracciato sul quale gli atleti si stavano allenando?”.
- Carbone lamenta poi la mancata autopsia: “Non è stato accertato se l'atleta sia morta a causa della caduta sulla pista, oppure per la caduta dopo il conseguente volo fuori pista”.
- Ultimo punto. “La pista non è stata chiusa e posta sotto sequestro, al fine di espletare le indagini del caso e per la messa in sicurezza, ma è stata lasciata aperta e fruibile agli sciatori, col pericolo che potessero verificarsi altri incidenti”.
L’ex campione: “Non si muore per una facciata sulla neve”
La rapida chiusura delle indagini sull'incidente aveva suscitato perplessità anche in ex campioni come Paolo De Chiesa. “Non si muore per una facciata sulla neve altrimenti i tracciati sarebbero un cimitero. E mi chiedo: perché non è stata fatta l'autopsia? Perché il caso è stato chiuso così in fretta? – ha detto l’ex slalomista, oggi 68 anni, in un’intervista a La Stampa –. Non sono la solita voce fuori dal coro. Ne ho parlato con gli ex azzurri Piero Gros, Alberto Schieppati e con alcuni campionissimi di oggi. Sugli sci abbiamo passato una vita. Lì dove è caduta Matilde non c'era neppure il sistema di protezione. Come è possibile?.Avrebbero almeno potuto vietare ai ragazzi di sciare così vicino a quel bordo per motivi di sicurezza. Lei ha preso velocità per quel cordolo di neve dura sul bordo della pista che è stato tolto il giorno dopo. Deve essere stata una caduta pazzesca”.