Domenica 23 Marzo 2025
RITA BARTOLOMEI
RITA BARTOLOMEI
Inchieste

Minori violenti, è allarme. Il report: nel 2024 omicidi quasi triplicati. “Sempre più ragazzi girano con i coltelli”

La Criminalpol: rapine, lesioni dolose (nelle grandi aree urbane) e stupri sono tra i reati spia. Dugato (Transcrime): “Questi giovani non vogliono catenine, esercitano una prevaricazione”. Le campagne in Francia, Gran Bretagna e Germania

Minori violenti, è allarme. Il report: nel 2024 omicidi quasi triplicati. “Sempre più ragazzi girano con i coltelli”

Milano, 22 marzo 2025 – Minorenni violenti, da nord a sud, in grandi aree urbane e città di provincia. Sono maranza e ragazzi di buona famiglia. L’ultimo rapporto della Criminalpol - dati 2024 - ci ha appena spiegato che gli omicidi commessi dagli under 18 in un anno sono quasi triplicati, e sono in sostanza raddoppiate le vittime. Eppure non è ancora questa la chiave per inquadrare un fenomeno che coinvolge tutta Europa. Bisogna guardare soprattutto alle rapine, per capire, è la didascalia di Marco Dugato, sociologo di Transcrime, centro di ricerca interuniversitaria con sede alla Cattolica di Milano, dal 1994 indaga su criminalità e sicurezza, in collaborazione con gli atenei di Perugia e Bologna. Dugato usa toni prudenti, come un ricercatore deve fare.

Monica Lecchini, presidente Anpe per Lazio, Abruzzo e Marche
Monica Lecchini, presidente Anpe per Lazio, Abruzzo e Marche

La storia per punti

Violenza minorile, i numeri

Sugli omicidi premette: “Quando parliamo di numeri così bassi, anche lo spostamento di pochi casi ha un effetto molto importante sulla percentuale. Ed è sempre meglio aspettare almeno uno o due anni per capire se una tendenza è destinata a consolidarsi”. Sulla violenza minorile mette in evidenza: “Non c’è un aumento numerico significativo in assoluto, crescono però alcuni reati”.

Rapine e lesioni: perché sono importanti

Vale per lesioni e violenze sessuali ma “il dato più importante è quello delle rapine, che molto spesso non hanno un fine economico. Per questo le classifichiamo prima di tutto come reato violento. Non ho bisogno del cellulare o della catenina, è proprio una dichiarazione di prevaricazione nei confronti dell’altro. Anche perché le vittime nella maggior parte dei casi sono minorenni, coetanei dello stesso gruppo. Spesso non c’è piena consapevolezza nei ragazzi di quel che stanno facendo. Quando viene contestata la rapina, cadono un po’ dal pero”.

Devianza giovanile, cosa ci dice l'ultimo rapporto della Criminalpol
Devianza giovanile, cosa ci dice l'ultimo rapporto della Criminalpol

Cosa succede in Europa 

Ma l’Italia è un caso isolato? Assolutamente no, basta fare un giro delle capitali: è allarme armi bianche da strada, da Londra a Berlino a Parigi, che si è inventata una campagna, “Stop couteaux, sui social si presenta con l’hashtag #Stopknives. A gennaio Le Figaro dava numeri choc: tra 2023 e 2024 sono stati documentati 74 attacchi con coltello nelle scuole medie, 38 alle superiori e addirittura 18 nelle primarie. Questo ha convinto le autorità a intervenire con incontri e volantinaggio. Campagne simili sono state condotte in Germania e in Gran Bretagna, l’ex premier Sunak aveva lanciato una stretta per mettere al bando coltelli, machete e “zombie knife”, l’arma simbolo delle gang giovanili.

Marco Dugato, sociologo di Transcrime (Cattolica di Milano)
Marco Dugato, sociologo di Transcrime (Cattolica di Milano)

Le grandi aree urbane in Italia

Ma torniamo in Italia. Ancora la Criminalpol ci dà la misura di quanto aumentano tre ’reati spia’, tra 2022 e 2023: violenze sessuali (+8%), rapine (+7,6%) e lesioni dolose. L’incremento in quest’ultimo caso sfiora il 2% ma ‘esplode’ nelle grandi aree urbane, Genova segna un +55%, Milano +48%, Bologna +44%, Firenze +21%.

La ‘moda’ dei coltelli

Non si può restare indifferenti a questi numeri, occorre chiedere lumi al sociologo. “Naturalmente le lesioni dolose non sono tutte da coltello, quindi in realtà su questo punto non abbiamo ancora informazioni precise - avvisa Dugato -. Ne abbiamo già discusso con il Viminale. Anche in questo caso è presto per arrivare a conclusioni. La sensazione, da verificare, è che ci siano più ragazzi che dichiarano di andare in giro con armi da taglio. Fenomeno che può essere interpretato come un campanello d’allarme. La mia percezione è che il coltello sia considerato quasi uno ‘status symbol’. In altre parole, lo fanno tutti, lo faccio anch’io”.

Il parere della pedagogista

Monica Lecchini di Anpe - presidente di Lazio, Marche e Abruzzo per l’Associazione nazionale pedagogisti italiani - porta il ragionamento sugli adulti. La sua analisi: “Sta venendo meno l’educazione, perché è prima di tutto nella famiglia che si generano i valori. Da qui dobbiamo ripartire. La violenza minorile è un segnale di qualcosa che non va nel sociale, durante la crescita dei nostri figli”. Quindi intervenire alle medie è tardi, bisogna partire subito, “chi si occupa di bambini ha un ruolo fondamentale nel trasmettere i valori”. Tra quelli che abbiamo smarrito mette in primo piano “la comprensione del punto di vista dell’altro, il rispetto, l’entrare in empatia. Fondamentale è la relazione che si instaura nelle famiglie ma anche a scuola. Bisogna rivedere certe dinamiche”. Tra queste mette anche l’uso del telefonino, “usato come una baby sitter. Anche lattanti a due anni già vedono video, al posto del ciuccio gli si dà quello. Ma dobbiamo chiederci: ci sono altre modalità per avere una relazione con i nostri figli? Questa è la domanda che faccio io”.

All’origine della violenza

Dugato vede “una difficoltà relazionale nei giovanissimi, trasversale a tutto il paese”. La lettura qual è? “Parliamo di criminalità minorile - fa notare - ma dentro ci sono tanti fenomeni diversi, il disagio socio-economico e la marginalità che negli anni si sono acuiti, penso ai minori stranieri non accompagnati, tema molto legato alle grandi città del nord. Al sud fenomeni molto simili vedono come attori gli italiani. Questo si somma ad altro, e comprende ragazzi che non arrivano da un contesto problematico. L’azione violenta, alla fine, diventa quasi una modalità espressiva”. Bacchetta: “In Italia i giovani rientrano nel discorso pubblico solo come elemento di preoccupazione, quando arrivano alle medie o alle superiori. Ma i buoi sono già scappati. La questione giovanile in primo luogo deve interrogare gli adulti. Quello che fanno i ragazzi è un riflesso di quello che noi offriamo loro sia come modelli che come opportunità”.