Martedì 3 Settembre 2024
ERIKA PONTINI
Cronaca

Inchiesta sul dossieraggio, il pm: ancora da capire motivo e destinatari

Rigettata la richiesta di domiciliari per Laudati e Striano. Il mistero dei ’soggetti organici’ a cui erano rivolte le informazioni

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Andrea Castaldo, legale del sostituto procuratore antimafia Antonio Laudati

Roma, 2 settembre 2024 – E’ in un passaggio riportato dal gip di Perugia Elisabetta Massini che ha detto no agli arresti domiciliari per l’ex pm dell’Antimafia Antonio Laudati, ora in pensione, e per il tenente della Finanza Pasquale Striano, la possibile chiave di volta dell’inchiesta sul dossieraggio che ha scatenato polemiche politiche e fa ancora tremare le stanze romane.

“Il pm evidenzia – scrive il giudice nel rigetto della richiesta di misura cautelare, ora impugnata davanti al tribunale del Riesame – come siano ancora in corso indagini al fine di verificare quali fossero le effettive finalità di Striano nell’operare un numero così considerevole di accessi abusivi, effettuati in favore peraltro non solo di numerosi giornalisti ma anche di soggetti privati e di soggetti organici all’interno di organismi istituzionali, ravvisando quindi il pericolo di inquinamento probatorio rispetto a tale ulteriore attività di indagine”. Chi siano i ’soggetti organici’ e quali gli ’organismi istituzionali’ ancora non è emerso ma l’ipotesi della procura, diretta da Raffaele Cantone, mira a far luce proprio su questo aspetto. Non tanto le rivelazioni nei confronti dei giornalisti (alcuni indagati ma per i quali non è stata sollecitata alcuna misura) che avevano attinto alla sterminata banca dati della procura nazionale antimafia, attraverso il finanziere infedele, piuttosto a scoprire chi altro fosse interessato a scoprire i dietro le quinte, anche economici, dei potenti di turno. Perché la Pnaa ha le chiavi d’accesso a tutti sistemi informatici: penale, catastale, fiscale.

Circa 10mila gli accessi effettuati tra il 2019 e il 2022 ma in 172 casi si tratta - emerge sempre dal provvedimento giudiziario - di “politici, personaggi dello spettacolo, ministri, imprenditori, calciatori”. Una scrematura tuttora in corso.

LA DENUNCIA DI CROSETTO

Tutto nasce infatti dalla denuncia presentata dal ministro Guido Crosetto dopo un articolo del Domani, che approda inizialmente alla procura di Roma e, di lì a quella di Perugia, quando emerge il coinvolgimento del magistrato antimafia. Quest’ultimo inizialmente, tenta di coprire il fidato collaboratore Striano con esternazioni ritenute ’false’ al vertice dell’Antimafia. Per l’accusa un primo depistaggio.

E proprio durante il passaggio di consegne segretissimo tra uffici giudiziari che Laudati contatta – è riportato nel provvedimento – una dipendente della procura nazionale antimafia (in quel momento retta da Giovanni Melillo) che lo informa della riunione al vertice tra procuratori. Uno degli elementi su cui l’Ufficio perugino fonda il pericolo di inquinamento probatorio, alla base della richiesta di arresti. Sia il pm che il finanziere infatti - secondo l’accusa - si mossero per contattare coindagati e personaggi influenti, sia per predisporre una difesa pubblica (nonostante si fossero entrambi avvalsi della facoltà di non rispondere), sia per accreditare un’altra genesi dell’indagine.

I CONTATTI DI LAUDATI

“Rispetto a Laudati – scrive la procura – l’esigenza è quella di preservare la genuinità del compendio probatorio ed evitare contatti con persone che rivestono ruoli apicali all’interno di organi istituzionali o ruoli governativi così evitando eventuali condizionamenti dell’indagine in corso anche mediante l’indebita divulgazione di dati riservati relativi all’indagine”.

Indagini che - chiarisce Cantone in una lunga nota diffusa ieri - “non sono affatto concluse”. Anche perché dopo una serie di accertamenti nei confronti della coppia Laudati-Striano “sono emersi ulteriori episodi di possibili accessi abusivi” alle banche dati e “gravi fatti di inquinamento probatorio”, “in grado di danneggiare” le prove. Un malloppo di atti che nei prossimi giorni finirà sul tavolo della commissione antimafia che già si era occupata dello scandalo delle sos (le segnalazioni per operzioni sospette) e aveva audito sia Cantone che Melillo, sentiti poi anche al Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.

GLI INDIZI DI COLPEVOLEZZA

Ma, nonostante il rigetto della misura perché “le condotte di Laudati e Striano non possono essere poste alla base della ritenuta sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio”, secondo il giudice “appare indiscutibile la sussistenza di plurimi, gravi e precisi indizi di reità”. Nel provvedimento infatti vengono ricostruiti i quattro dossier preinvestigativi avviati - secondo l’accusa - su input di Laudati ma tutti per ragioni estranee al suo ufficio. Uno riguarda la compravendita di un terreno nel comune di Santa Marinella per una sospetta attività di riciclaggio quando invece l’ipotesi è che lo stesso pm fosse interessato alla vicenda perché “risulta proprietario di un immobile a Santa Marinella confinante con la proprietà della Curia”. L’altro dossier riguarda invece una sorta di vendetta privata dopo contatti “diretti” del pm con una fonte. A marzo 2023 inoltre il magistrato propose l’apertura di una fascicolo relativo a Gabriele Gravina, presidente della Figc. “La proposta - sottolinea il giudice - deriva da contatti diretti con Emanuele Floridi e Angelo Fabiani, incontri coordinati da Laudati e svolti da Striano” ma nella relazione al procuratore nazionale, il magistrato riferì che le informazioni provenivano - circostanza smentita - dall’inchiesta in corso a Salerno.

L’ultimo atto d’impulso, alla fine mai trasmesso ma “anche in questo caso dettato dall’interesse privato”, riguarda invece il condominio in cui vive lo stesso magistrato, per la ’prevenzione di fenomeni di criminalità finanziaria connessi all’emergenza Covid’.

LA RICHIESTA AL GIP

Nella richiesta cautelare di oltre duecento pagine la procura ha riferito che “sono state evidenziate specifiche circostanze, ascrivibili ad entrambi gli indagati, emerse dalle indagini svolte anche attraverso attività tecniche, che sono state ritenute dall’ufficio integrare gravi fatti di inquinamento probatorio in grado, di danneggiare la genuinità del cospicuo compendio probatorio già acquisito”. Inoltre secondo gli inquirenti Striano “è ancora in servizio, sia pure in un reparto non operativo e sia pure privato da tempo dalla propria amministrazione delle password per accadere alle banche dati”. E il pericolo di recidiva si era ipotizzato, “anche e soprattutto alla luce delle articolate relazioni che lo stesso ha dimostrato di avere e che gli potevano consentire, anche tramite soggetti terzi, la commissione di ulteriori reati della stessa indole”. I magistrati hanno inoltre sottolineato che in questo periodo “si è anche ulteriormente intensificato il rapporto di collaborazione con la Direzione nazionale antimafia che ha effettuato approfonditi ulteriori accertamenti sulla propria banca dati, fornendo importanti riscontri per le indagini in corso”.

LA DIFESA

“La richiesta di arresti domiciliari e l’appello interposto dalla procura, così come l’iniziativa di diffondere una nota, ci hanno sorpreso per l’irritualità di tutto ciò. Siamo estremamente fiduciosi che il Tribunale del Riesame, all’udienza del 24 settembre, fornirà una conferma della estraneità e pericolo di inquinamento probatorio che riteniamo non sussistere perché i presupposti di diritto non esistono e soprattutto perché ciò che viene contestato come pericolo di inquinamento probatorio al consigliere Laudati non è altro che l’esercizio legittimo del diritto di difesa”. È quanto dichiara, in un video, il professore Andrea Castaldo, avvocato dell’ex sostituto procuratore dell’Antimafia Antonio Laudati.