Perugia, 3 marzo 2024 – Il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo e quello di Perugia Raffaele Cantone hanno chiesto che venga valutata "con l'urgenza del caso" una loro audizione sulle vicende relative all'inchiesta sul presunto dossieraggio di esponenti politici e vip. I due magistrati hanno scritto al Comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura, al presidente della Commissione parlamentare antimafia e a quello del Copasir ponendo quella che ritengono una richiesta "doverosa" per rendere, nei limiti e secondo le forme consentite dalla legge, le informazioni relative al caso necessarie alle valutazioni riservate a ciascuna delle istituzioni. A tal proposito, domani, l'ufficio di presidenza della commissione Antimafia si riunirà per valutare questa richiesta di audizione.
Intanto la Lega, che in una nota definisce questo presunto spionaggio "un attacco alla Repubblica e alla democrazia", ha fatto sapere che chiederà al Copasir di approfondire "la questione in dettaglio fino alla completa chiarezza sui fatti, a partire dalle audizioni dei vertici presenti e passati della Guardia di Finanza e dell'Antimafia".
Il finanziere e il magistrato
Nell'inchiesta sono coinvolti l'ufficiale della Guardia di finanza Pasquale Striano e il magistrato Antonio Laudati, entrambi destinatari di un avviso a comparire per l’interrogatorio da rendere in una fase che è ancora di indagini preliminari. La Procura di Perugia punta a verificare se la gran parte delle informazioni ottenute dal finanziere, tramite gli accessi abusivi alle banche dati in uso alla procura nazionale antimafia, avevano dei destinatari non ancora individuati e se siano state utilizzate. Tra le centinaia di accessi contestati all'appartenente alla guardia di finanza solo una piccola parte non avrebbe permesso di ricavare informazioni. I magistrati guidati da Raffaele Cantone ipotizzano che quelle emerse siano state in gran parte utilizzate per attività giornalistica e pubblicate (tre i cronisti che figurano tra una quindicina d'indagati) e altre fornite a un investigatore privato o utilizzate da Striano per fini personali. Dall'indagine è emerso che non esisterebbero veri e propri dossier su personalità istituzionali o politici e che Striano non ha ricevuto denaro per le informazioni.
Il quotidiano Domani difende i suoi giornalisti
A loro si aggiungono tre giornalisti componenti del team investigativo del quotidiano Domani: il responsabile Giovanni Tizian, l'inviato Nello Trocchia e il collaboratore Stefano Vergine. Il quotidiano però si difende spiegando, oggi, che nelle carte dell'inchiesta "non c'è traccia di invii delle ricerche effettuate da Striano di informazioni finanziarie, relative alle dichiarazioni dei redditi o ai conti bancari di politici e imprenditori, o segnalazioni di operazioni sospette, come paventato ieri da alcuni giornali nazionali. Nelle informazioni che Striano avrebbe mandato ai giornalisti, quindi, non c'è nessun 'dossier su politici e vip' ma solamente documenti agli atti delle procure: ordinanze di custodia cautelare e informative delle forze dell’ordine già disponibili ai magistrati inquirenti e alle difese. Questo dicono le carte dell’inchiesta".
"Per l'accusa – prosegue Domani – il finanziere avrebbe inviato ai tre giornalisti documenti estratti dalla banca dati Sidda-Sidna, il sistema informatico utilizzato dalla direzione nazionale e dalle direzioni distrettuali antimafia. Gli invii coprirebbero un arco temporale di tre anni e mezzo, dal maggio 2018 all'ottobre del 2022". Il giornale scrive che "nell'intestazione dei documenti o nel messaggio", "ci sono i nomi di atti giudiziari di alcuni politici (protagonisti di casi giudiziari o sospettati di vicinanza ad ambienti criminali), ma i più riguardano esponenti delle più pericolose organizzazioni criminali del paese, collegate al mondo della politica e dell’imprenditoria, o al traffico internazionale di stupefacenti. O informazioni relative ad alcuni degli appalti del periodo più duro della pandemia di Covid-19, finite anche nelle indagini di diverse procure nazionali". Dunque rivendica il diritto di pubblicare notizie "vere, che hanno dato che hanno dato parecchio fastidio ai governi di tutti i colori politici, incluso quello in carica, l'esecutivo di Giorgia Meloni".