Roma, 14 luglio 2017 - "Una flotta anti incendi senza le autorizzazioni per volare; mezzi in manutenzione, vecchi o guasti; elicotteristi ancora sprovvisti dei necessari requisiti tecnici". È il grido di allarme dei vigili del fuoco sotto pressione per l’emergenza roghi che sta devastando il Sud Italia. La maledizione delle catastrofi naturali (questa volta, però, provocata dall’uomo), dal sisma alle valanghe fino agli incendi, sta mettendo a nudo tutti i problemi che devono affrontare i pompieri, veri eroi di Stato.
"Facciamo interventi con mezzi immatricolati negli anni Ottanta – racconta Massimo Vespia, segretario generale Fns Cisl Lazio –, due giorni fa un contingente partito da Como e diretto in Campania è rimasto a piedi con la Campagnola. È stato costretto a fermarsi a metà strada, a Viterbo. Sono auto troppo sfruttate, con un chilometraggio esagerato. Vorremmo maggiore riconoscimento dallo Stato, noi pompieri siamo i dipendenti pubblici meno pagati tra le forze di sicurezza, con uno stipendio medio di 1.300 euro e facciamo turni di 12 ore. Dallo scioglimento del Corpo forestale abbiamo ricevuto solo 360 uomini (6.400 ai carabinieri e 1.240 nella pubblica amministrazione, ndr), ma abbiamo anche ereditato competenze complicate come il coordinamento delle operazioni".
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A proposito della riforma Madia, presa di mira dalle opposizioni ieri, i sindacalisti dei pompieri denunciano la mancanza del decreto di assegnazione sull’utilizzo degli elicotteri: questo rende in teoria fuori legge l’operatività. "In realtà con le deroghe posso volare per le emergenze – spiega Riccardo Ciofi, segretario generale Fns Cisl Roma –, ma la situazione è gravissima. Abbiamo ricevuto 17 elicotteri dalla Forestale attraverso i carabinieri, di cui uno guasto, nove in manutenzione, due gestiti da una ditta esterna e solo quattro efficienti, che sono quelli in volo in questi giorni". Come se non bastasse, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco non ha ancora sottoscritto contratti per la manutenzione degli S-64, ciò vuol dire che se uno di quelli dovesse subire un guasto rimarrebbe a terra per chissà quanto tempo. "Il passaggio di uomini e mezze tra la Forestale e i vigili del fuoco non è stato seguito dai fondi necessari per la manutenzione – racconta Ciofi –: se si rompono vanno trovati i finanziamenti per ripararli. La riforma Madia ha creato disagi immensi: non abbiamo abbastanza unità per prevenire i roghi e tutelare il territorio. Questo taglio alla spesa è stato in realtà un taglio alla sicurezza dei cittadini". L’ennesimo paradosso riguarda i brevetti degli elicotteristi, circa 150 transitati dalla Forestale nelle file dei pompieri. "Va premesso che gli incendi boschivi si spengono da terra – conclude Vespia –, l’intervento dal cielo si fa solo in casi di zone inaccessibili. Ma un altro impedimento legato ai mezzi aerei è l’entrata in servizio dei piloti della Forestale: loro avevano elicotteri diversi e posseggono capacità diverse e brevetti diversi. Bisogna organizzare corsi per risolvere il problema".
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"Ci sono responsabilità evidenti – afferma il segretario del Fns Cisl, Pompeo Mannone –: nonostante la legge del 2000 sullo spegnimento degli incendi permetta alle Regioni di stipulare convenzioni, pochissime di esse si sono attivate". E "ad aggravare la situazione c’è l’impossibilità di attivare convenzione con il Corpo forestale che è stato sciaguratamente sciolto. Un errore se si considera che prima il Cfs concorreva con almeno 2.000 unità per fronteggiare insieme ai vigili del fuoco gli incendi". "Tutto il servizio antincendio del Cfs – dice il segretario del Silp Cgil, Daniele Tissone – è passato nei Vf, ma la maggior parte di uomini, mezzi, autobotti ed elicotteri sono ai carabinieri e sono di fatto sottratti alla macchina che gestisce l’emergenza incendi". Quasi un terzo delle Regioni italiane, 6 su 20 (Abruzzo, Basilicata, Marche, Molise, Umbria e Sicilia), non ha né un elicottero né un aereo anti incendio proprio. Nel 2007 le Regioni avevano messo in campo 72 aerei, che si andavano ad aggiungere a quelli della flotta dello Stato. Nel 2012 furono 80. Oggi sono solo 58 e ad averne sempre meno sono proprio le regioni più a rischio.