Bologna, 4 aprile 2024 – Dieci anni, oggi. Era il 4 aprile 2014 quando Ilaria Capua, virologa, si trova protagonista su un settimanale che racconta un’inchiesta giudiziaria nella quale la scienziata è imputata con l’accusa, in sostanza, di essere una trafficante di virus. Sarà prosciolta "perché il fatto non sussiste" nel 2016. Dopo il proscioglimento Ilaria Capua si dimette dal Parlamento dove è entrata nel 2013. Abbandona la politica e l’Italia e torna al suo mestiere: la ricerca scientifica. In Florida. Oggi, 4 aprile, alla Sapienza di Roma, porta in scena uno spettacolo che parla di salute circolare. Poi finirà il trasloco nella città che ha scelto per il rientro. Bologna. Portata da un incarico alla Johns Hopkins University.
Cosa l’ha convinta a rientrare in Italia?
"Diverse ragioni. Famigliari: mia figlia non voleva rimanere a studiare negli Stati Uniti. Professionali: avevo finito il primo ciclo di ricerche in Florida, era durato sette anni e dovevo decidere se rendermi disponibile per un altro settennato o fare qualcosa di nuovo nel mio Paese. Ci aggiunga che la Florida, specie negli anni di Trump, era cambiata tanto. C’era meno sensibilità, e meno fondi, per i temi di cui mi occupo, può intuire perché ho valutato di prendere la strada di casa. Per farlo però, avevo bisogno di un’altra spinta".
Quale?
"Fare pace con gli italiani. Parliamoci chiaro: io sono andata in Florida smarrita, tradita, arrabbiata. Sono partita sentendo ancora addosso quelle accuse infamanti che mi avrebbero potuto portare anche all’ergastolo. Una reputazione fatta a pezzi. Mi ero dimessa da parlamentare per dignità, ma non è che ho sentito tutta questa solidarietà per quello che era successo. Nonostante abbia lavorato una vita nel servizio pubblico, nonostante i risultati dei centri di ricerca che ho diretto e che ancora oggi sono un’eccellenza. Non era facile fare pace".
Come è accaduto?
"Con il Covid. È una pace fatta combattendo insieme agli italiani la battaglia contro il virus".
Lei era in Florida, prosciolta da ogni accusa ma ferita. Perché decide di intervenire sul Covid in un Paese con il quale non aveva fatto pace?
"Perché l’ho sentito come un dovere. Verso le persone. Ho studiato in Italia, ho lavorato in Italia, dall’Italia ho avuto tanto. Non potevo non esserci per il mio Paese".
Perché ha scelto Bologna?
"Non solo per la Johns Hopkins, perché è una città accogliente e poi e una città che non si arrende".
Insegnerà a studenti di scienze politiche, relazioni internazionali, scienze sociali. Cosa porterà loro, una virologa?
"La consapevolezza che i problemi che ci troviamo ad affrontare, dalle pandemie al cambiamento climatico, dalla crisi alimentare a quella idrica, non si risolvono solo con la scienza, ma anche con le relazioni internazionali e le scienze sociali. La biomedicina ha raggiunto risultati straordinari, disponiamo di mezzi e conoscenze impensabili solo qualche decennio fa, non è certo questo il problema. Se l’Oms non è riuscita a mandare i suoi ispettori per la seconda volta a Wuhan, in Cina, è un problema di rapporti tra Stati non di scienza. Questo non vale solo per il Covid".
Non mancano certo gli organismi, nazionali o internazionali, che segnalano le emergenze o che accendono allarmi. Non sono sufficienti per i decisori pubblici, per i governi?
"Non è questo il punto. Di allarmi, segnalazioni, sollecitazioni ce ne sono di continuo, ma ci sono anche interessi collettivi spesso in conflitto tra loro. Il punto è: chi indica ai decisori le priorità, dal punto di vista della scienza, alle quali dedicare risorse pubbliche che, per forza di cosa sono limitate?"
Per esempio, il Consiglio superiore di sanità.
"Sì, ma la sanità è la sanità. La scienza è la scienza. Chi indica ai decisori se la priorità è proteggere la biodiversità nei mari o l’energia sostenibile? Sappiamo che gli allevamenti intensivi di animali sono tra le cause principali dei cambiamenti climatici, ma chi indica se questa è una priorità rispetto, per esempio, ad altri temi, come ad esempio l’antibiotico-resistenza? Servirebbe, e c’è già qualche esperienza, un Chief Scientific Officer, un consigliere scientifico dei governi così come c’è il consigliere diplomatico o il consigliere economico".
Si sta candidando?
"Assolutamente no, ho già dato, anche se ormai sono abituata a vedere strumentalizzata le mie dichiarazioni. è successo anche con la malattia X. Ricorda cosa ho detto?"
Che la malattia x è un modo per indicare una prossima malattia pandemica di cui oggi non sappiamo nulla se non che, prima o poi, accadrà.
"Ed è diventata che Ilaria Capua lancia l’allarme per una nuova pandemia che sarà peggio del Covid".
Covid, Dengue, Sars, aviaria, influenza. Quali spie sono accese sui monitor dei virologi?
"Quelle che ha detto sono tutte spie accese e monitorate. Come lo sono quei punti del pianeta dove sappiamo avvengono i salti di specie dei virus, dagli animali ad altri animali e all’uomo. La pandemia ci ha ricordato solo che siamo fragili".
Capitolo vaccini, che i no vax non la stimino è chiaro. Avranno sempre un ruolo chiave?
"I vaccini sono lo strumento che ci consente di prevenire le malattie infettive e si sono rivelati efficaci. Anche quelli a mRna che abbiamo avuto per combattere il Covid. E i prossimi saranno ancora migliori".
Ha parlato anche di amnesia collettiva, del desiderio di lasciarci alle spalle un periodo tragico. Comprensibile, no? Umano, in fondo.
"Più che comprensibile e umano. Ma non possiamo più farci trovare impreparati. Il Covid ci ha obbligato a cambiare alcune nostre abitudini e, purtroppo, alcune buone pratiche sono state dimenticate troppo in fretta: quando si è malati o molto raffreddati è meglio restare a casa, portare la mascherina quando si è costretti a stare in luoghi affollati per molto tempo. Lavarsi le mani, specie prima di sedersi a tavola. Non capirlo non è da homo sapiens, come ci piace definirci, ma da stupidus".