Era al timone del Titanic quando il transatlantico si trovò davanti l’iceberg, la collisione fu inevitabile. Erano le 23.40 del 14 aprile 1912. Il ghiaccio tagliò lo scafo sotto, tutti s’illusero, non poteva finire così, mentre l’orchestra continuava a suonare. Invece due ore e 40 minuti dopo, la tragedia era compiuta e l’Inaffondabile, nave favolosa uscita dai cantieri di Belfast, si era portata in fondo all’oceano più di 1.500 vite.
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"Robert Hichens, uno dei sei timonieri del Titanic, era il mio bisnonno. L’ho scoperto a 45 anni, nel 2012, quando ho conosciuto mio padre naturale, Paul. In quel momento, per me è cambiato tutto". Il racconto di Simon Medhurst arriva da Chelmsford, Inghilterra. Ed è la storia di uno svelamento e di una passione totalizzante. Con una missione: riabilitare la figura di Robert, figlio di pescatori, neanche trentenne quando la storia lo mise al centro della tragedia. La notte del naufragio, prese il timone alle 22, dando il cambio al collega Olliver. Fino a quel grido: "Iceberg, proprio davanti!".
Signor Medhurst, il suo bisnonno è stato accusato di tutto, anche di aver frainteso gli ordini sbagliando manovra. Lei che cosa ha scoperto?
"Robert Hichens è stato preso come capro espiatorio. Gli hanno mosso tante accuse semplicemente perché era al timone del Titanic al momento della collisione. Di sicuro non era un angelo, era un marinaio rude. Ha avuto una vita molto dura, ha sofferto di depressione. Il calvario del Titanic, la perdita degli amici e le urla di chi stava per morire, lo hanno perseguitato per sempre. Ma aveva molti anni di esperienza. E nessuna accusa di cattiva condotta è mai arrivata dalle inchieste del Regno Unito o degli Usa".
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La manovra.
"Robert girò il timone con tutte le sue forze ma non ci fu abbastanza tempo. L’iceberg, sotto il livello dell’acqua, tagliò il fianco del Titanic. Un colpo fatale".
Quella notte maledetta Robert Hichens ebbe poi il comando di una scialuppa di salvataggio. Che cosa fece?
"Una volta ho parlato con David Haisman, figlio di Edith, tra le superstiti del Titanic, timoniere lui stesso. Robert fece quel che gli era stato ordinato di fare e lo fece alla lettera. Il suo compito era di allontanarsi il più possibile dalla barca che affondava".
Le naufraghe della sua scialuppa lo accusarono però di non essere tornato indietro a salvare altre vite. Lei cosa ha documentato?
"Robert negò che le donne lo avessero pregato di tornare indietro per cercare di raccogliere alcuni dei sopravvissuti. Sarebbe stato impossibile. Troppo lontano. E quando si fossero spente tutte le luci, non avrebbe saputo in quale direzione andare".
Come si salvò?
"All’1.10 di notte del 15 aprile, Robert lasciò il Titanic al comando della scialuppa numero 6, con 28 naufraghi, soprattutto donne, anche se c’era spazio per altre 40 persone. Un’ora dopo, il transatlantico affondò. Verso le 8 la nave Carpathia salvò gli occupanti della scialuppa. Robert fu l’ultimo a lasciarla".
E la famosa frase della miliardaria Margaret ’Molly’Brown che avrebbe minacciato di buttarlo in mare?
"Una pronipote di quella superstite lo ha difeso. Perché Robert era responsabile della scialuppa di salvataggio e aveva prima di tutto un dovere, salvare la vita di coloro che erano sotto la sua responsabilità. Chissà quale sarebbe stato il loro destino se fossero tornati indietro".
Che cosa fece dopo il Titanic?
"Continuò a lavorare sulle navi, è morto nel 1940 ed è sepolto in Scozia. Conservo sue foto, scritti, un vassoio con un mappamondo. Il Titanic è stato l’apice della sua carriera. Era al timone della più grande nave del mondo".
Come coltiva la memoria del naufragio più famoso?
"Ho creato un gruppo Facebook, ’Titanic memorabilia’. Siamo presenti anche su Instagrama. Con l’obiettivo di incoraggiare grandi e piccoli a entusiasmarsi a questa storia".
Quattro anni fa a Belfast ha riunito la ’famiglia’ del Titanic, c’erano parenti delle vittime e tanti cultori. Come si prepara all’anniversario del 2022?
"Ad aprile uscirà un mio nuovo libro. Racconterà le storie di tutti quelli che erano a bordo, naturalmente ci sarà spazio anche per il mio bisnonno. Quella notte è da ricordare. È molto facile puntare il dito dopo, cercando di trovare qualcuno da incolpare. La cosa più importante, invece, è ricordare il coraggio di tutto l’equipaggio e dei passeggeri. E mantenere vivo il ricordo del Titanic per le generazioni che verranno".